Reggio Emilia 16 luglio 2011
Campovolo 2.0 è l’esempio perfetto di come ci si diverte in Emilia. Un intero aeroporto adibito a stadio pronto ad ospitare i centoventimila fan del Liga arrivati da tutta Italia e non solo.
Lo scopo di Luciano Ligabue per il mega concerto-evento a Reggio Emilia era chiaro: festeggiare la conclusione di un periodo d’oro, costellato da grandi successi – un album come “Arrivederci mostro” sempre fra i primi posti in classifica (per la versione in acustico Luciano ha ricevuto in questi giorni anche il premio Tenco, riconoscimento massimo per la canzone d’autore italiana), un tour in stadi, palazzetti e teatri di tutta Italia sempre sold out –, ma anche scacciare il fantasma del primo Campovolo, del 10 settembre 2005, durante il quale dei problemi all’acustica hanno fatto sì che molti dei centottantamila partecipanti non si godessero a pieno lo spettacolo.
L’evento inizia ufficialmente venerdì 15 luglio ma alcuni ragazzi sono davanti ai cancelli d’ingresso già da dieci giorni.
Per quanto mi riguarda la mia avventura è cominciata giovedì, quando, con un sole spacca-pietre e un bollettino meteo che non intendeva risparmiarci nemmeno una goccia di sudore, siamo partiti con un camper scomodissimo anni ’80.
Appena usciti dall’autostrada i cartelli stradali per Reggio Emilia erano accompagnati da cartelli più piccoli che indicavano la direzione per il Campovolo. Inutile dire che la sensazione era proprio quella di stare al centro del mondo.
Arrivati in prossimità dell’aeroporto, le luci e i 600 mq di maxischermi – per non parlare della grande scia di persone che, trascinando tende, coperte e cuscini, correvano agitate – volevano dire solo una cosa: Luciano era passato di lì. Infatti, finite le ultime prove generali si era fermato a salutare i ragazzi del BarMario, il fan club ufficiale. Un gesto umile ed educato.
Pur essendo un aeroporto, la natura della pianura Padana – con i suoi campi e i suoi fossi – non ha permesso al Campovolo di sovrastarla: per arrivare al nostro ingresso, entrata Est, ci siamo dovuti imbattere in campi di granoturco, zanzare, fossi pieni di fango per poi finire direttamente sulla tangenziale a piedi, rischiando più volte la pelle.
E’ questo uno dei problemi che più gente ha riscontrato, ma proprio per questo era stato creato un centralino apposito, attivo durante tutte e tre le giornate della festa, a cui poter chiedere informazioni.
Alle 14.30 di venerdì vengono aperti i cancelli d’ingresso all’aeroporto, dove la pista d’atterraggio si trasforma per l’occasione nella LigaStreet, ricca di punti di ristorazione, esposizioni fotografiche, merchandising ufficiale, stand dedicato al fumetto “La neve se ne frega” e altri di cd e libri ma anche di Smemoranda e Nintendo.
Ci sono anche il villaggio della solidarietà – fortemente voluto da Marco Ligabue – il villaggio dello sport e quello volante in cui si trovano le mongolfiere.
Mentre regista e addetti alle riprese del film in 3D del concerto si danno da fare per catturare ogni nostro movimento, corro allo stand della Smemo e compro una delle millecinquecento agende ad edizione limitata dedicate a Campovolo.
Intorno alle 20.00 si stima già la presenza di diecimila persone che, incuranti dell’umidità, del freddo e dello stato in cui avremmo dovuto dormire, fanno festa. L’atmosfera è fantastica e, messa da parte l’ansia di raggiungere il posto migliore sotto il palco, il vero divertimento è iniziato lì, tra una birra e l’altra, con le canzoni del Liga cantate ed urlate per tutta la notte.
Ma all’alba il risveglio, già scomodo, non è dei migliori. Infatti, forse per via di alcuni volontari sbadati che hanno perso di vista la situazione, molte persone ne hanno approfittato e i ragazzi dei primi posti, me compresa, sono stati superati, ma solo per un momento. Quella che fino a poche ore prima era un’aria festosa e pacifica si trasforma in tensione, litigi e insulti – una cosa che considero davvero vergognosa, visto che non è proprio questo l’atteggiamento da tenere ad un concerto durante il quale bisognerebbe pensare a divertirsi. Ma con l’arrivo del mattino e del caldo arriva anche il personale pronto, e stranamente puntuale, a farci correre i nostri ultimi metri per raggiungere il nostro posto definitivo sotto al palco. Alle 8.30 l’ingresso all’arena viene aperto e in poco tempo, il cuore pulsante di Campovolo si riempie di gente. Il palco, lungo 80 metri e largo quasi come un campo da calcio, sembra non finire mai.
L’area riservata al BarMario, proprio sotto il palco, lentamente viene occupata. Anche se non sono proprio sotto al palco posso essere orgogliosa di me: la prima fila dell’area 1 è comunque sotto ai miei piedi.
Le riprese del film continuano e il caldo torrido si fa sentire. Le macchine spara-acqua non riescono ad arrivare nella nostra zona e la situazione inizia ad essere quasi tragica. La stanchezza si impadronisce di noi e i venditori di bibite fanno la loro parte per rendere la situazione ancor meno piacevole, vendendo bottigliette d’acqua a 3 euro l’una.
Alle 17.00 si dà il via allo spettacolo. Salgono sul palco uno alla volta i cinque gruppi emergenti che hanno vinto il concorso “Quando canterai la tua canzone… sul palco di Campovolo”.
Sinceramente mi aspettavo di meglio. Durante l’estate mi era capitato di ascoltare alcuni gruppi che partecipavano al contest e mi sono sembrati molto più adeguati, ma una giuria qualificata come quella che li ha scelti avrà sicuramente avuto i suoi buoni motivi. Le band che si sono aggiudicate il ruolo di opening act sono: Fonokit (Salento, Puglia), Brain Shock (Viterbo, Lazio), Nuju (Calabria ed Emilia Romagna), Musicanti di Grema (Parma, Emilia Romagna) e PowerFrancers & KaterFrancers (Chieti, Abruzzo).
A seguire, il DJ set di LigaChannel ha reso le ultime ore di attesa meno insopportabili, nonostante la tensione per il concerto fosse tanta.
La puntualità di Ligabue mi ha sempre sorpreso; alle 21.20 spaccate le luci del campo si spengono e i 600 metri quadri di schermi vengono accesi.
Partono così le immagini e le parole di tutti i musicisti che hanno lavorato al fianco del Liga. “Centomila storie diverse per una sera diventarono una storia… grande COSI’”: così inizia il grande concerto.
“Questa è la mia vita” è la prima canzone della scaletta a cui seguono altri trenta brani riarrangiati e vissuti da Luciano e il grande pubblico fino al midollo.
Oltre ai classici d’obbligo come “Urlando contro il cielo”, “Certe notti” e “Balliamo sul mondo” la grande sorpresa è stata sentire canzoni come “In pieno rock’n’roll”, “Figlio d’un cane” e “Anime in plexiglass”, che sono alcune delle canzoni che a me piacciono di più.
Per primi sul palco insieme a lui si esibiscono i ClanDestino, gruppo storico degli esordi che nonostante i vent’anni di carriera oramai passati ha dimostrato di essere al passo coi tempi ma soprattutto col ritmo.
E’ toccato poi alla Banda, chiamata sul palco da un simpatico, come sempre, Claudio Maioli, manager e amico di Ligabue, che per l’occasione si è trasformato in un giocatore di slot machine.
Da “Un colpo all’anima” fino a “Marlon Brando è sempre lui”, che fa saltare tutti, fino ad arrivare ai due inediti, scritti durante gli anni ’80 e ’90 ma mai inseriti in nessun album.
“M’abituerò”, un pezzo che parla di un amore finito, dolce e duro allo stesso tempo, una poesia amara, e “Sotto bombardamento”.
Ma il pezzo più atteso dai veri fan è senza alcun dubbio “I duri hanno due cuori”. Una canzone sconosciuta a molti ma veramente bella.
Per me il momento più emozionante, e che non smetterà mai di farmi versare fiumi di lacrime, è “Buonanotte all’Italia”, una lettera ad un paese che amiamo ma che molte volte ci spaventa. E mentre le foto dei più grandi personaggi storici, sportivi e musicali si alternano, tutto Campovolo si emoziona.
A seguire i ClanDestino e La Banda. A rendere tutto più speciale la presenza di due grandi artisti come Mauro Pagani e Corrado Rustici.
Sedici artisti e circa centoventimila persone – per non parlare della grande organizzazione che ha coinvolto Reggio Emilia e provincia – sono stati gli elementi in più che hanno reso questo evento l’evento dell’anno e che sicuramente verrà ricordato negli anni.
A terminare il grande concerto “Il meglio deve ancora venire”; il fatto che un artista decida di terminare il più grande concerto della sua vita con una canzone del genere è fantastico.
La fantastica serata purtroppo è terminata con la tragica morte di Antonio Casula, 29 anni, in seguito ad un attacco d’asma. I soccorsi, subito arrivati sul posto, non hanno potuto fare niente.
La grande festa termina domenica 17 luglio a Correggio, paese natale di Luciano Ligabue, dove vie, bar, piazze e teatro sono invasi da migliaia di persone non ancora stanche. Al teatro Asioli i musicisti insieme a Marco Ligabue, Pietro Casarini e Federica Lodi condividono e commentano tutte le emozioni di questo grande periodo.
La festa finisce alle piscine di Correggio dove l’happy hour non poteva mancare e non potevano nemmeno mancare i vari personaggi della città, descritti nelle canzoni e nel libro di Ligabue “Fuori e dentro il borgo”, come Little Tavel o, come tutti lo definisco, “il primo rocker di Reggio” (ancora prima di Ligabue).
Questa è stata senza dubbio una delle esperienze più forti e belle della mia vita e sono convinta della maestosità della cosa. Una piccola Woodstock nostrana che spero si ripeterà presto.
Veronica Janise Conti