In occasione dell’Arena Rock 2012, lo staff di Brainstorming ha avuto l’occasione di intervistare Fabrizio, il cantante dei Melody Fall, gruppo torinese il cui quarto album, “Virginal Notes”, è uscito quest’anno.
Vi fa piacere essere gli headliner di un evento incentrato principalmente sulla musica emergente?
Assolutamente sì.
Vi è piaciuta l’Arena Rock?
Ci è piaciuta l’Arena Rock, il pubblico di Senigallia e tutto quello che c’era attorno, tutte le band che hanno suonato.
Questi eventi aiutano sempre la musica underground che altrimenti non ha la possibilità di uscire allo scoperto e di farsi conoscere, quindi assolutamente positivo.
Ora parliamo di voi. Che evoluzione c’è stata con il vostro ultimo album rispetto alle canzoni precedenti?
Una grande evoluzione, soprattutto a livello espressivo: con gli album precedenti eravamo “chiusi” nel genere pop punk – abbiamo fatto quattro album tutti incentrati su quel genere – mentre con l’ultimo album abbiamo deciso di liberare le nostri menti a tutto ciò che ci piaceva.
Per quanto riguarda la sfera strumentale, i pezzi sono più cattivi, più tecnici e magari meno semplici; a livello vocale anche, non canto solo un suono più pulito, ma faccio anche un po’ di rap, di screamo. Abbiamo sperimentato di più.
Vi sentite più rappresentati da quest’ultimo album?
Sì, siamo molto contenti di quest’album perché ci abbiamo veramente messo il cuore.
Abbiamo cercato di portare non un genere fisso: non ci piace essere catalogati in un genere che può essere pop punk, rap; è un disco, secondo noi, a sé stante.
Chi compone le canzoni?
Di solito io.
Siete più conosciuti all’estero. Vorreste avere lo stesso successo in Italia o sareste più contenti di andare solo all’estero?
Andiamo solo all’estero! No, scherzo. Casa è sempre casa. Purtroppo come dicevamo prima la musica underground fa fatica ad uscire e in Italia la musica rock non è tanto apprezzata quanto negli altri paesi. A noi capita di fare tour di venti date in Europa, Russia, Giappone con davvero tanti ragazzi ai concerti e questo in Italia non succede. E’ davvero tanto difficile.
Visto che hai nominato il fatto che suonate in Europa, Russia e Giappone, qual è la città che vi ha colpito di più?
Personalmente dico Tokyo.
Com’è il pubblico giapponese?
Fantastico, fantastico! Loro sono molto rispettosi, per esempio tra una canzone e l’altra stanno proprio muti, in silenzio e ascoltano. Quando inizia il pezzo casino devastante: uno sopra l’altro, pogo. Bellissimo, sono molto energici. Noi sentiamo la loro energia e loro sentono la nostra, è uno scambio reciproco.
Vi piace di più scrivere in italiano o in inglese? Ho notato che la maggior parte delle canzoni che avete deciso di suonare stasera erano in inglese.
Stasera sì. Diciamo che siamo molto legati all’inglese. In primis perché quando abbiamo fatto il CD in italiano abbiamo riscontrato più successo in Italia, ma ci siamo chiusi delle strade all’estero che volevamo riaprire.
All’estero perciò suonate solo in inglese?
Assolutamente sì.
Programmi per quest’estate?
Stiamo per suonare tantissimo. Suoniamo ogni week end fino a fine giugno, poi abbiamo un tour in Russia di una ventina di date e un tour europeo che partirà da settembre.
Perciò in Italia ci rimarrete solo fino a fine giugno?
Sì, d’estate siamo praticamente sempre via. Ma è bellissimo, è quello che sogniamo.
Ultima domanda: una vostra fan, Arianna, ci ha chiesto il significato di una vostra vecchia canzone, “I’m so me”.
“I’m so me” è un testo che abbiamo scritto nel 2007, era il nostro primo disco, e parla della sicurezza, del credere in se stessi e in quello che si fa. Era legato all’ambiente musicale, ma anche i non musicisti ci si possono rispecchiare perché parla di credere in quello che si fa indipendentemente da quello che dicono gli altri. Infatti nel testo gli altri ti accusano di essere pazzo e tu rispondi: ‘Io non sono pazzo, io non sono scemo’. Ci sono pareri discordanti che ti accusano e tu dici: ‘Io sono solo me stesso’.
Grazie mille per quest’intervista!
Grazie a voi, figurati.
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Camilla Ortolani