Andrea nasce nel 1991 a Mirandola, in provincia di Modena, tra dischi del padre e vecchi vinili, che l’hanno catturato fin dall’infanzia. Andrea la musica ce l’ha nel sangue, così come la disponibilità e l’umiltà, con un’enorme voglia di mettersi in gioco e dimostrare a tutti che c’è anche lui. Eccome se c’è.
Ho letto che ti sei avvicinato alla musica grazie ai vinili di tuo padre, che ruolo hanno avuto questi “grandi” della musica nella tua carriera? Ti hanno spinto a iniziare a scrivere o era già una tua necessità?
Credo che al mondo qualsiasi necessità parta da un’emozione molto intensa, bella o brutta che sia. Per me i vinili sono stati come un fiammifero buttato in un deposito di benzina: lo start up iniziale. Spiegarlo agli altri a volte è quasi difficile. Il mio primo approccio con la musica è un ricordo stupendo, ma non replicabile a parole: si rischierebbe di farlo perdere di valore. Preferisco custodirlo gelosamente.
Questa necessità si è trasformata in musica, una delle migliori forme di comunicazione al mondo. Eppure è così difficile da sfruttare appieno al giorno d’oggi: non c’è molto spazio per i nuovi talenti. Come affronti questo problema?
Il problema principale non sia il poco spazio dato agli emergenti: funziona così anche nella vita quotidiana, soprattutto al lavoro. In questo campo, il giovane non è risorsa da coltivare, ma soltanto una Supernova da cavalcare finché rimane accesa. Il vero problema è che purtroppo è cambiato il modo di usufruire della musica. Lo ripeterò fino alla nausea: la migliore realtà musicale è nelle cantine, e l’Italia non sa nemmeno di averla.
Sicuramente musica e Italia non vanno d’accordo, ma i ragazzi possono cercare di abbattere questo muro. Mi riferisco a Radio 5.9, per esempio, di cui sei stato ospite ieri. Ci racconti di questa esperienza?
L’ho detto anche ieri in diretta: il progetto 5.9 è un qualcosa di stupendo, da ammirare, supportare e far conoscere. Il fiore all’occhiello della bassa modenese: si meritano il meglio. Stanno riuscendo a concretizzare un sogno: cosa c’è di più bello? Si sono risollevati con una caparbietà invidiabile dal terremoto, partendo da zero e riuscendo a creare una vera e propria realtà, con un retrogusto anni ‘70. Ricordate le Radio Libere? Eccovi serviti.
Cambiando discorso: il live sono il momento in cui uno si mette davvero in gioco, prende applausi o critiche. Finora come ha reagito il pubblico al tuo EP “Appunti di viaggio”?
Non ho la minima idea! Ti saprò rispondere a questa domanda tra qualche settimana. Il primo marzo ci scalderemo le ossa alla “Piazzetta del Gusto” a Nonantola (MO), alla famosa data zero, in cui presenteremo il disco e altri inediti in versione unplugged. Una sorta di preparazione per “l’Appunti di Viaggio Tour” che ci vedrà invece in giro in versione rock per tutto il duemilatredici in parecchi locali e manifestazioni. Voglio e vogliamo dimostrare che anche i progetti indipendenti non hanno nulla da invidiare a quelli delle major. Direi sia lecito.
Errore mio, scusa. Sopportami, questa domanda la faccio a tutti per curiosità personale: scrivi prima i testi e poi li metti in musica o viceversa?
Non c’è una regola metrica. Varia tutto a seconda delle sensazioni e delle idee che hai bisogno di far risaltare. In realtà questo è l’ essenza di scrivere musica: non importa come ci arrivi, con che strutture o parole. Il trucco è semplice: basta solo emozionare chi si ferma ad ascoltare. Tutto il resto è contorno.
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Sara Picello