Il 15 gennaio è uscito il disco d’esordio dei romani Weird, nati nella seconda metà del 2011 da un’ idea del cantante e chitarrista Marco Barzetti.
Sette canzoni che sembrano una il proseguo dell’altra, com’è tipico dei cosiddetti “concept album”, per un totale di circa quaranta minuti, in cui si spazia dalla psichedelia allo shoegaze. Questa è la tracklist del disco:
Dark Was The Sky, Cold Was The Rain
Echo & The Lullaby
A New Beginning
Desert Love
The Moan
Sundive
Druggirl
L’irregolarità ritmica del primo brano ci permette di capire subito a cosa stiamo per andare incontro: atmosfere cupe, impenetrabili, arricchite dalla suggestiva voce del cantante. Gli “stop and go” della batteria rendono questo pezzo uno dei migliori dell’intero disco e fanno di Echo & the Lullaby il giusto proseguo.
Diverso il discorso per a New beginning, brano usato come singolo di lancio, in cui si assiste a una progressione vocale e strumentale.
Richiami alla new wave e un pezzo struggente ci portano al finale che, nonostante i 9.36 minuti merita di essere ascoltato dalla prima all’ultima nota, in quanto in questo trip psichedelico il trio dà il meglio di sè.
Per farsi un’idea dei temi trattati nelle sette canzoni, basta leggere la presentazione che si può trovare sulla pagina Facebook:
“I “Desert Love” sono gli amori impossibili, quelli narrati nella filmografia e nella letteratura di ogni tempo, quelli che albergano soltanto tra le pieghe del tuo cuore e sai già che non si faranno mai carne, sono le ansie, le paure, quella secca sete di un pomeriggio d’agosto che ti trafigge la gola. “Lonely Graves” sono le vittime di tutto ciò, quelle persone troppo sensibili e diafane agli occhi dei “normali”, tutti coloro che si torcono le budella in attesa di essere redenti da una mano che li afferri e li trascini in una sorta di Iperuranio dei sentimenti.”
L’uscita di questo lavoro ha suscitato un grande tam-tam in rete, e alcuni annoverano Desert Love For Lonely Graves tra gli esordi più importanti del 2013. Sicuramente, per essere un debutto, è un album ben curato, e auguro ai ragazzi di potersi togliere grandi soddisfazioni in futuro. Però, mi sento di consigliare il disco solo a chi è già fan del genere, in quanto un “profano” potrebbe annoiarsi nell’ ascoltare brani dove le parole sono ridotte all’essenziale per lasciare spazio agli strumenti .
Valentina Pesenti
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