Milano, 10 giugno. Dopo tanti sacrifici e un bel po’ di chilometri macinati, eccomi in terra lombarda. Non solo per staccare un po’ la spina dal solito trambusto della mia Napoli, ma anche con un altro importante obiettivo: il concerto dei Paramore all’Ippodromo Del Galoppo di San Siro (inizialmente il luogo dell’evento era l’Alcatraz). Dalla lunghissima fila che ho visto all’esterno prima di entrare, considerando che i cancelli erano già aperti, si prospettava il tutto esaurito.
A fare da gruppo spalla alla band americana, oltre ad un bellissimo tramonto che si intravedeva attraverso la scenografia, i Dutch Uncles, gruppo inglese che ha divertito non solo tutti noi sotto il palco e sugli spalti, ma anche Taylor York ed Hayley Williams che osservavano dal backstage e scattavano qualche foto. Nota divertente: sul finire del gruppo inglese un fan (o un pazzo, vedete voi) ha incitato la folla dall’impalcatura degli sponsor. Se voleva attirare l’attenzione, devo ammettere che c’è riuscito anche troppo bene, data la quantità di obiettivi che aveva puntati addosso.
Verso le 21.30, ecco il suono dell’ukulele e l’ippodromo è diventato un’unica voce. Sul palco sono arrivati Hayley e Taylor sulle note di “Moving On”, che ha spianato la strada a “Misery Business” e “For A Pessimist, I’m Pretty Optimistic”. Dopo i dovuti saluti, conclusi con “WE ARE PARAMORE!”, è iniziata la prima tranche di brani con “Decode”, “Now”, “Renegade” e “Pressure”, per poi concludere con “Ain’t It Fun”, che ha esaltato le doti al basso di Jeremy Davis.
Dopo un’apparente pausa con “The Only Exception”, è ripresa la carica con “Let The Flames Begin”, con tanto di bandiera italiana (lanciata sul palco da alcuni fan) che sventolava sul palco durante l’outro. “Fast In My Car”, “Ignorance”, “Looking Up” e “Whoa” hanno aperto la seconda parte della serata, che è culminata con la band che ha chiamato alcuni fans a salire sul palco per cantare “Anklebiters” (con tanto di microfoni e aste colorate in pieno stile Williams). A concludere la serata ci sono state “That’s What You Get” e “Still Into You”, che hanno dato ai fan un motivo in più per sorridere. Appena la band è tornata nel backstage, dalla folla è partito il coro che preannunciava l’ultima canzone prevista dalla scaletta, “Brick By Boring Brick”, che ha concluso in bellezza il concerto.
Le sensazioni sono state ampiamente positive: l’ingresso nella band di Justin York (fratello di Taylor) e Jon Howard alle chitarre e di Ilan Rubin alla batteria hanno dato quel qualcosa in più al live, che li ha spinti sicuramente a un livello di qualità decisamente superiore. Per quanto mi riguarda, è stata sicuramente una serata da incorniciare e, essendo stato una specie di autoregalo di compleanno in netto ritardo, direi che la scelta non è stata per niente male.
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Tiziana Cimmino