I The Jelly Factory, composti da Luca Gelli alla chitarra, Francesco Cherubini alla batteria, mentre Leonardo Volo pianoforte e tastiere, Matteo Giannetti al basso, Dario Cecchini ai sassofoni e flauto e Stefano Scalzi al trombone, sono l’evoluzione del progetto di Luca Gelli, che ha trasformato il disco d’esordio “The Jelly Factory” in una vera e propria band.
Brainstorming ha avuto la possibilità di intervistarli… buona lettura!
Buon giorno ragazzi, è un piacere intervistarvi! Noi di Brainstorming siamo persone curiose: come mai avete scelto “The Jelly Factory” come nome alla vostra band?
The Jelly Factory nasce come un gioco di parole tra il mio nome (Luca Gelli) e il concetto di “factory”, inteso come laboratorio musicale. È il titolo del mio primo disco, in seguito è diventato il nome del progetto.
Come vi siete conosciuti?
Con tutti i componenti della Factory ho un rapporto personale che parte da lontano. Comunque sono amicizie nate in ambito musicale, tramite gruppi preesistenti e amicizie in comune.
Il mese scorso avete presentato a Firenze il vostro secondo album: “First second”. Com’è andata?
Si abbiamo fatto un concerto alla Sala del Rosso a Firenze, è andata molto bene. La sala era stipata (sold out) e il pubblico ha reagito bene alle nostre composizioni, cosa non scontata dato che a tratti i nostri brani richiedono molta attenzione.
Vi piacerebbe collaborare con qualche artista? Se sì, chi?
Le collaborazioni sono eventi positivi quando nascono spontaneamente, dal rapporto umano e artistico e dal caso fortuito. Molto spesso in ambito jazzistico vengono usate come una panoramica di nomi celebri per accattivarsi i vari promoter, con la conseguenza che il pubblico si vede proporre sempre i soliti noti. Non ho mai voluto piegarmi a questa logica, e probabilmente dal punto di vista del marketing sto compiendo un errore.
Parlateci di “First second”: com’è nato?
First Second è un disco molto articolato, come il precedente… In questo caso però abbiamo avuto modo di suonare dal vivo la maggior parte dei brani prima di registrarli, e questo ci ha avvantaggiato nelle scelte in sede di registrazione. Io tendenzialmente scrivo quasi tutto, ma in questo caso ben tre tracce non sono opera mia, ma del batterista Francesco Cherubini. E’ la prima volta che in un progetto mio suono qualcosa che non ho scritto io. E’ stato stimolante.
Nell’album vi è un mix di sound differenti, jazz, rock, funk, psichedelia floydiana e così via. È stato difficile accostare così tanti generi?
La miscellanea di suoni e atmosfere presenti deriva dal background ibrido dei componenti. Il pianista/tastierista Leonardo Volo porta le venature jazz e il bassista Matteo Giannetti quelle più rock e pop. I fiati (Dario Cecchini ai sassofoni e Stefano Scalzi al trombone) enfatizzano il nostro lato il jazz/funk, io e Francesco Cherubini direi un po’ di tutto. Siamo altamente contaminati…
C’è un tour in programmazione? Se sì, possiamo avere qualche anticipazione?
Non direi un tour, ma stiamo fissando delle date nei vari jazz club italiani e in qualche festival per la prossima stagione, in questo momento è tutto in trattativa.
Noi di Brainstorming vi ringraziamo per la disponibilità e vi facciamo un grande “in bocca al lupo”!
Valeria Gargiullo