A seguito della pubblicazione del nuovo, atteso album “Cattivi Maestri” (uscito per Warning Records lo scorso 10 novembre), il frontman del gruppo alt-rock lucano ci racconta, in una dettagliata intervista, le ultime novità in casa Aeguana Way.
La band Alternative/Rock, tutta lucana, Aeguana Way, nasce nel 2005 nel potentino e dopo diversi lavori in studio, una massiccia attività live e numerose partecipazioni a contest musicali – l’ultimo a marzo 2013, dove al “1M Festival – concerto del 1° Maggio” si guadagnano la possibilità di esibirsi sul prestigioso palco del Concertone del Primo Maggio ’13 a Roma – esce nel 2014 la loro ultima fatica dal titolo “Cattivi Maestri”.
Cattivi Maestri è il nuovo album, il terzo di una carriera ormai decennale. Chi sono per gli Aeguana Way i “Cattivi Maestri”? Sì, terzo album che arriva dopo due anni di lavoro certosino in sala prove e studio. I Cattivi Maestri li abbiamo intesi, secondo la nostra esperienza e quelle di alcuni amici, come gli insegnamenti sbagliati che ci sono arrivati quando le nostre teste erano in pieno processo formativo. Persone e situazioni che ci spingevano ad andare in una direzione poiché considerata come la “scelta giusta da fare”. In questo tipo di vicenda asfissiante abbiamo premiato il ruolo di quelle personalità che se ne sono fregate dei percorsi forzati e hanno preferito “guardare il mare”, ivi inteso come somma di infinite possibilità. Ammiriamo le persone che combattono quotidianamente per affermarsi in ciò che li fa sentire a proprio agio e dove possono dare il massimo di loro stessi; quei soggetti che potrebbero stare bene nell’accontentarsi ma che invece preferiscono il tormento alla piattezza.
Cattivi Maestri è anche il primo singolo estratto dall’omonimo album. Il brano, attraverso le vostre stesse parole,“regala una visione nitida di generazioni cresciute secondo l’apparenza e la castrazione dei propri sogni”: come si guarisce da queste due piaghe? Quale è il futuro della nostra generazione? Su questo abbiamo una nostra visione dettata dalla personale esperienza. Noi, ognuno a suo modo, pensiamo di essere la risultante di un’evasione da questi cattivi maestri. Ciò è avvenuto grazie alla caparbietà, unita alla passione che abbiamo per questo lavoro. Ma il discorso è di ben più ampio respiro quando entra in ballo la soggettività. Ognuno nel suo profondo ha un’indole e una propensione verso qualcosa, ma la sicurezza e la fiducia in se stessi non la si compra, nemmeno su internet, quindi sarebbe impossibile definire un metodo di guarigione. La nostra generazione non se la passa sicuramente benissimo, ma del resto quale generazione ha affermato di non aver mai vissuto tempi bui? Bisogna essere ottimisti quando si parla di futuro, altrimenti è inutile parlarne.
Cosa si prova a salire sul palco del Primo Maggio e vedersi di fronte un fiume di 700.000 persone? Cosa ha attraversato le vostre menti in quel preciso istante? Fino al giorno prima, quello del soundcheck, ci siamo fatti tante domande e la tensione era palpabile. Nel momento in cui siamo saliti, forse anche merito del bel clima backstage, le nostre teste si sono svuotate da ogni pensiero, c’eravamo noi e quel mare di gente; il vocìo e le urla della piazza sembravano un impianto di migliaia di watt sparato in faccia. Ricordo che quando ci hanno chiamati abbiamo detto: “andiamo e spacchiamo i culi”, poi non ci siamo rivolti più parola prima di salire (i tempi sono frenetici lì dietro), solo sguardi e gesti che indicavano piena complicità. L’impatto è stato forte, ma alle prime note ci ha pervaso una sensazione di piena libertà, una di quelle cose che non puoi spiegare nemmeno con un libro, di quelle cose che, essendo stupende, durano troppo poco. Abbiamo realizzato davvero la situazione solo quando ci siamo rivisti in un video, che un amico ci ha mandato poco dopo l’esibizione. La botta finale ci è arrivata quando M.Godano, organizzatore del festival, ci ha chiamati per complimentarsi e farci leggere il messaggio inviato da Tania Sachs, portavoce di Vasco, che recitava “Gli Aeguana per me i migliori, buon lavoro”. Boom!Speriamo di tornarci presto.
Siete stata la prima band lucana a calcare quel palco. Un riconoscimento importante per una terra bellissima e così ricca di storia e arte come la Basilicata, troppo spesso lasciata ai margini del contesto nazionale.. Sì, è innegabile che il primato è una condizione che non lascia indifferenti. Forse la cosa che ci è piaciuta di più è stata proprio quella di aver portato per primi la nostra regione su quel palco. La Basilicata è una terra stupenda, nella quale ci piace vivere e “fare base”, tra l’altro la maggior parte delle canzoni sono state scritte qui, e non merita questo ruolo marginale. C’è da dire che adesso la Lucania sta vivendo un periodo di forti contraddizioni, da una parte (e ne siamo davvero felici) con la nomina di Matera a capitale della cultura 2019 la regione potrebbe trarre ottimi benefici sotto l’aspetto culturale e sociale; ma, da un’altra parte, non dimentichiamo che il discorso petrolio-estrazioni ha scaldato molti animi che non vogliono più le trivelle e che stanno rivendicando i propri diritti a voce alta. Non è questo il luogo per approfondire tale aspetto, ma ci piacerebbe che la nazione intera prendesse in seria considerazione quello che sta succedendo realmente qui. Aeguana Way
Ma rispetto al precedente “Mediazione “, quali sono le principale differenze? Ho notato un grande evoluzione nelle liriche..chi si occupa dei testi?… Le differenze con “Mediazione” sono abissali su tutti gli aspetti, sono due dischi completamente diversi per forma e per sostanza. “Mediazione” risale a tre anni fa, scritto in chiave molto criptica e sperimentale, dettato da un momento molto delicato sul piano personale della band. Le lyrics le scrivo io, ma non è un’imposizione, si tratta più che altro di una sorta di tradizione del gruppo dove i musicisti lasciano questo compito al frontman con spassionata fiducia nelle proprie capacità e nello stile di scrittura. Parlando di testi ho voluto fortemente scrivere in modo più diretto senza mai però abbandonare quel linguaggio poetico dei concetti al quale sono molto affezionato. Sono felice che si senta subito il cambiamento nella stesura, per il semplice fatto che il cambiamento spesso è sinonimo di crescita personale, una cosa che mi gratifica molto come autore. Aeguana Way
Per quanto riguarda l’aspetto live: come vivete il pre-concerto? Cosa vi piace fare? Siate legali nel rispondere….. Ci sono poche cose che possiamo menzionare per salvarci la faccia.
Intanto si parla molto tra noi, un po’ di tutto, ma in particolar modo di cazzate e argomenti improponibili, infatti dal backstage al palco sembriamo personalità completamente diverse, come se avessimo la sindrome del Dr. Jekill e Mr. Hide. A volte inventiamo giochini idioti con quello che ci capita davanti, ricordo in particolare una volta il gioco delle “dita combattenti”. Consisteva nell’applicare la spoletta della lattina di birra sul proprio indice e sfidare l’altro a colpi di alluminio. Risultato di quella volta: dito del chitarrista copiosamente sanguinante a pochi minuti dal concerto. Penso di aver reso un quadro completo di cosa possa succedere…
Sono dieci anni che siete in giro, opening acts, produzioni..Ve la sentite di fare un bilancio della prima decade Aeguana Way ? Se ci guardiamo indietro non ci sembra vero che siano già passati 10 anni. Siamo felici di come siano andate le cose fin ora, reputiamo di aver fatto un percorso molto intenso che ci ha regalato tantissime esperienze. La gavetta è un passaggio fondamentale per raggiungere i propri obbiettivi, certo i sacrifici sono stati innumerevoli, come lo sono stati i momenti di sconforto, quindi non è stato semplice rimanere in piedi per tutto questo tempo. Forse adesso è arrivato il momento di allungare il passo per cercare di vivere solo con questo lavoro, noi ce lo auguriamo.
Dal punto di vista dell’attrezzatura, cosa usate? Dal punto di vista dell’equipaggiamento live non abbiamo niente di stratosferico, strumenti, ampli, synth e un po’ di pedalini più o meno analogici.
Come è nata la collaborazione con la vostra nuova etichetta, la Warning Records? Ci siamo guardati intorno per cercare una buona realtà a cui affidare il nostro terzo album. Grazie alla rete siamo venuti a conoscenza di questa giovane e promettente label, ci siamo sentiti, ci siamo piaciuti e adesso collaboriamo serenamente su questo progetto.
Non ritenete che l’accessibilità alla musica alla fine sia riuscita a sminuire la musica stessa, a deprezzarla? Non parlo in termini di qualità ma più che altro del valore intrinseco che eravamo soliti attribuirle prima dei vari Napster, Emule, Soundcloud, Torrent e compagnia bella..Forse un po’ di magia è svanita o no? Sì, purtroppo questo bisogna riconoscerlo, i numerosi vantaggi che l’immediatezza e la facile accessibilità portano vanno a discapito del fascino di un prodotto musicale tanto da infangarne a volte anche gli sforzi, il tempo e i sacrifici che ci vogliono per realizzarlo. Su tale aspetto negativo mi va di riportare degli esempi di fatti realmente accaduti. Quando abbiamo proposto l’ascolto in streaming diverse persone ci hanno detto di non aver tempo per l’ascolto, quando abbiamo proposto l’album in free-download alcuni hanno risposto di non avere abbastanza spazio sull’ Hd (WTF?!) e addirittura regalando la copia fisica una persona disse di non avere una tasca comoda per tenere il cd. In ultimo, il caso che più ci fa sorridere (ma di un riso amaro) rimane: “mi siete piaciuti moltissimo, quanto costa il disco?” “5 euro.” “Vabbè dai, me lo scarico da u-torrent quando torno a casa”. Ci rendiamo conto a cosa siamo arrivati? Forse siamo addirittura oltre il deprezzamento…
Ci dite dove possiamo trovarvi sul web? Grazie per l’intervista!
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su YouTube e tutti i digital stores (iTunes, Spotify, Deezer ecc..) per ascoltare il nuovo album.
Alla prossima!!