From The Ashes: “essere totalmente liberi!”

Nel 2012, mentre la regina Elisabetta celebrava i 60 anni di reggenza, tra i subborghi di Roma, cinque ragazzi incrociavano le loro strade e si preparavano ad iniziare un nuovo cammino.
Questi cinque ragazzi, Marco de Vincentiis, Andrea Colitto, Carlo Buttinelli, Carlo Venezia e Gianluca Terrinoni, si facevano carico di abbandonare le loro vecchie band e, dal nulla, formarne una nuova, con tonalità nuove, motivazioni nuove ed energie nuove. Fu così che, quattro anni fa, ebbero vita i “From the Ashes”.

In questi quattro anni hanno calpestato palcoscenici di spicco come il Foro Italico e da quel giorno continuano a diffondere il loro Progressive Rock nei locali di tutt’Italia.

Il 22 Marzo scorso è uscito il loro nuovo disco, “In Dreams”, composto da undici pezzi di livello indiscusso che potete ascoltare anche su spotify.

Ma dato che ho avuto l’onore di incontrarli, lasciamo a loro la parola.

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Quando una persona comune legge “From the Ashes” (“dalle ceneri”per nonna che non sa l’inglese) normalmente collega i suoi pensieri a qualcosa che rinasce, che risorge, che ritorna. La fenice, per essere banali. Inoltre ho fatto i compiti e so che all’Auditorium di Roma presentando “Sunrise” affermavate “qualsiasi problema abbiate avuto, c’è sempre la possibilità di rifarsi” e poi parlando di “Everything ends” avete detto “tutto finisce ma non per questo questa affermazione deve avere un’accezione sempre negativa”. In qualche modo l’idea di una seconda vita, di una nuova sfida ricorre spesso nella storia del gruppo. Ora vi chiedo di spiegarci l’origine di questo sentimento.  
Parlando di Everything ends, il punto era dire che è il compimento di una vicenda a darle realmente significato, anche perché, banalmente, anche l’esperienza più soddisfacente se protratta troppo a lungo finisce per perdere inevitabilmente di  fascino per chi la vive.
Per quel che riguarda Sunrise, è una canzone che a livello narrativo è posta all’interno del disco come uno snodo fondamentale, racconta una rivoluzione interiore esplorando le metafore dell’alba: la riscoperta di sé stessi, le possibilità offerte da un nuovo giorno, il risveglio. Probabilmente è per questo che Marco, il nostro cantante, ha voluto introdurla così nel concerto all’auditorium.
Prendendo in prestito parole altrui, i Marta sui tubi cantano: “la paura degli essere umani è paura di essere umani“. Se c’è un significato, una morale all’interno del nostro concept album è quello di non rinunciare alla propria umanità, di vivere la propria vita appieno, di essere totalmente liberi.
E così come quando componi, tenti di scrivere la musica che avresti sempre voluto ascoltare e che ancora non esiste, forse l’origine dei concetti che proviamo ad esprimere è perché noi siamo i primi a cui volevamo raccontarli, come se il nostro disco fosse un promemoria innanzitutto per noi stessi.

Adesso vi tocca la domanda stupida. Quando io e i miei amici da ragazzini suonavamo la chitarra e arrangiavamo cover sognando di diventare i nuovi Axl Rose, Eddie Vedder, Mick Jagger, o chi per loro, siamo sempre stati convinti che se fossimo finiti su un grande palco le ragazze sarebbero piovute come cavallette nella bibbia. Ora, so che non posso paragonarvi ai Guns o ai Rolling Stones, ma la vostra fettina di successo l’avete avuta direi. Quindi, arriviamo al sodo, il fascino della “rockstar” funziona davvero?  
Come giustamente dici tu, il paragone con certi mostri sacri del rock è probabilmente eccessivo e, per quanto incominciamo ad avere un certo seguito, restiamo comunque una band emergente che non può ancora permettersi di pensare esclusivamente a suonare ma anche a tutta la logistica che preparare dei live richiede. Questo per dire che non siamo propriamente dediti agli eccessi, altrimenti non avremmo le energie per il concerto della serata seguente. Resta il fatto che il contatto col pubblico alla fine di un live è sicuramente uno degli aspetti più piacevoli dell’essere un musicista.

Torniamo a domande un po’ più profonde. L’idolo, il modello da seguire, la fonte di ispirazione, il Jonathan Kent dei “From the ashes” chi è? Per complicarla diteci anche il perché… (ammetto che essendo in cinque ne potreste avere diversi e quindi a fatica mi potrei accontentare della la storia più simpatica. Scegliete voi)  
Abbiamo dovuto azzuffarci per scegliere un nome che mettesse d’accordo tutti date le numerosissime influenze musicali dalle quali ognuno di noi proviene. La scelta è ricaduta su Maynard James Keenan, cantante eccelso di Tool e A perfect circle, probabilmente perché voce di due band che adoriamo e con le quali siamo cresciuti.

Cosa vi fa amare quello che fate, cosa vi fa amare la musica? O magari odiate tutto.. (non vale dire che è merito/colpa del vostro idolo)
La musica è il linguaggio perfetto ed è capace di comunicare dove non arrivano le parole fino ad esprimere l’inesprimibile.
La domanda semmai è: come si fa a non amare la musica..?

La figura di m***a più grossa che abbiate mai fatto in un live? 
La premessa è che fortunatamente non ci è mai capitato di fare figuracce terribili in un live, al di là di piccoli incidenti che sono all’ordine del giorno per chiunque suoni. In compenso la nostra collaborazione ormai quinquennale è stata costellata da numerosissime vicende fantozziane, al punto che incominciamo a domandarci se per caso un eventuale dio della musica ci stia mettendo alla prova per decretarci degni di fare questo nella vita. Le botte di sfiga nera correlate a questo nostro primo disco sono talmente tante che stiamo pensando di scriverci su un libro.

 

Ricordo che quando facevo la seconda elementare ed ero il più grande fan degli “883”, in un’intervista Max Pezzali disse che il suo pezzo preferito, quello che preferiva cantare, quello che per lui aveva più significato era “Gli Anni”. Per una qualche strana ragione, probabilmente sentire l’autore raccontarne la storia (o più probabilmente perché avevo 7 anni), da quel giorno quel pezzo acquistò un valore in più per me. In base a cosa un proprio pezzo diventa il “proprio pezzo preferito” secondo voi? E qual’è il vostro ovviamente..  
E’ davvero difficile scegliere fra i propri brani un solo preferito; se proprio dobbiamo scegliamo Wake me: è un pezzo che ci emoziona moltissimo quando lo proponiamo nei live e al tempo della sua scrittura rappresentò un punto di svolta per la stesura dei brani a venire perché ci indicò un nuovo stile musicale, una nuova strada da percorrere.

 

Chiudiamo con lo spoiler? Quando il prossimo disco? Ci date il titolo in esclusiva (faccina simpatica)?  
Il nuovo disco è attualmente in scrittura e probabilmente uscirà nel 2017… Abbiamo in mente un nuovo concept che avrà a che fare coi paradossi nei viaggi nel tempo, ma non abbiamo ancora scelto un titolo, e anche se fosse non te lo diremmo mai.

 

Grazie della pazienza
Grazie a te per le bellissime domande!

https://www.facebook.com/FromTheAshesOfficialPage

Alessandro Alessandrini

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