“Il mondo si divide in due tipi di persone: quelle a cui non piace Bruce Springsteen, e quelle che non sono mai state ad un concerto di Bruce Springsteen.” Così mi aveva detto un mio collega, fan appassionato del Boss. Io, mea culpa, facevo parte del secondo tipo di persone: ho rimediato il 3 luglio, a San Siro.
C’è da dire una cosa, ed è stata probabilmente la cosa che mi ha colpito di più di questo evento immenso: Springsteen unisce. Unisce bambini piccoli con le cuffie antirumore, seduti sulle spalle dei genitori per vedere sopra la folla; unisce uomini appena usciti dall’ufficio e corsi allo stadio con ancora addosso la camicia e la cravatta; unisce coppie sposate da anni, che comprano cappelli uguali da cow boy per proteggersi dal sole; unisce famiglie intere con le maglie del River Tour e le fascette in testa.
“The Boss” unisce generazioni intere, e lo fa concedendo quasi quattro ore di puro rock, cominciato in perfetto orario alle 20,16 con l’ingresso trionfale sul palco della E-Street Band (sulle note di “C’era una volta il west”, di Ennio Morricone). Springsteen arriva subito dopo (già nel pomeriggio aveva omaggiato lo stadio ancora semi vuoto con un pre-show acustico, cantando “Growin’ Up”), e rimane senza parole.
Infatti, con un organizzazione invidiabile, tutti gli spettatori sono stati dotati di un foglio colorato: in base alla coreografia ideata, sullo stadio campeggia una dedica enorme : “DREAMS ARE ALIVE TONITE”.
60.000 persone ed un solo grande sogno: lui, il Boss.
“Milano, avete caldo?” Parte così, in un italiano stentato, con un sorriso che ti ripaga già della stanchezza, del caldo, e dell’attesa. E come a voler ringraziarci tutti, ma proprio tutti, Bruce non si risparmia: trentacinque canzoni, due lunghi bis finali, tre ore e mezzo di maratona musicale da lasciare senza fiato.
Una scaletta ricchissima di classici e anche di richieste dei fan (“Lucille”, per esempio) : in mezzo anche una strepitosa cover di “Because the Night” di Patti Smith e una scatenata “Shout” dei The Isley Brothers.
Immancabile, il tributo a Clarence Clemons, meglio conosciuto come Big Man: sax tenore nella E-street Band e grande collaboratore di Bruce, scomparso nel 2011.
Ti fa commuovere con “Indipendence Day”(come spiegherà Bruce, la sua prima canzone in cui parla del rapporto genitore/figlio), ti fa ballare con “Dancing in the Dark” (e lo fa davvero, facendo salire sul palco quattro increduli fans), ti fa sognare, concludendo il concerto con una “Thunder Road” acustica che riesce a zittire veramente un intero stadio.
Bruce Springsteen non si contiene, non si ferma e sbeffeggia tutti i suoi 67 anni suonati. Posso assolutamente dire con certezza di aver partecipato ad un concerto,si, ma mi sono sentita come ad una grande riunione di famiglia. E il capofamiglia era quello sul palcoscenico, un pifferaio magico che incanta.
Onore al Boss. E se lo chiamano così, c’è più di un buon motivo.
La set-list del concerto:
(Growin’ Up suonata alle 17.30)
Land Of Hope And Dreams
The Ties That Bind
Sherry Darling
Spirit In The Night
My Love Will Not Let You Down
Jackson Cage
Two Hearts
Independence Day
Hungry Heart
Out In The Street
Crush On You
Lucille
You Can Look (But You Better Not Touch)
Death To My Hometown
The River
Point Blank
Trapped (Jimmy Cliff cover)
The Promised Land
I’m A Rocker
Lucky Town
Working On The Highway
Darlington County
I’m On Fire
Drive All Night
Because The Night (Patti Smith cover)
The Rising
Badlands
Jungleland
Born In The U.S.A.
Born To Run
Ramrod
Dancing In The Dark
Tenth Avenue Freeze-Out
Shout (The Isley Brothers cover)
Thunder Road
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