La sincerità è un’arma che può essere letale, se non usata nel modo giusto: non è questo il caso di Giacomo Toni.
Dopo aver lasciato momentaneamente in stand-by il progetto de “Gli scontati” (fatta eccezione per il Premio Tenco il 22 ottobre 2016 a Sanremo), intrapreso nell’ottobre del 2011 insieme a Lorenzo Kruger, continua a deliziare il suo pubblico con un 45 giri, in uscita il 4 novembre 2016 per l’etichetta “L’Amore mio non muore mai” in edizione limitata, costituito da due canzoni “Ho perso la testa” e “Codone lo sbirro”, che sono davvero frutto di una perla rara: non solo perché Toni è stato l’inventore del “piano punk”, che già di per sé è un merito, ma per le capacità autoriali dello stesso, che lo portano, anche in questo caso specifico, a saper mettere in musica delle vere e proprie storie, dei racconti.
Un 45 giri prodotto interamente da Roberto Villa, registrato completamente in analogico, basato sull’idea del “buona la prima”, come se fosse un concerto live più che un album, quasi come se volesse lanciare un messaggio: non importa quanto sia sporca l’esibizione, è importante il concetto che si esprime ed il fine cui si vuole giungere. Fine che in questo caso sembra essere uno: percorrere la strada della verità, perché la realtà non è fatta di ideali, bensì di persone, con vizi e peccati commessi.
Ispirati al “Faust” di Goethe, ad una persona che fa un patto con il demonio per vedere esauditi tutti i suoi desideri, senza pensare al dopo, senza farsi scrupoli, i protagonisti di queste storie, raccontate attraverso i testi delle due canzoni, sono personaggi palesemente disonesti; personaggi che disdegnano la cultura e la morale, in favore della corruzione. In “Ho perso la testa” si parla di esaurimento nervoso, che sembra però più che altro quasi una scusa per ottenere ciò che si vuole; in “Codone lo sbirro”, invece, si parla appunto di un poliziotto, che potremmo definire sui generis, che approfitta del suo distintivo per avere comportamenti discutibili, equivoci. Nelle due canzoni, più che un patto con il demonio, i protagonisti sembrano aver fatto un patto con l’amoralità, potendosi appellare a lei per giustificare le loro azioni.
In definitiva, il cantautore dà un importante spunto di riflessione: mai confondere la giustizia con la verità; ciò che è vero non deve essere necessariamente giusto e viceversa.
Tanto di cappello a Giacomo Toni, che non ha paura di confrontarsi con ciò che vede e con ciò che è, anche quando è una realtà scomoda e non facilmente accettabile. Dieci e lode per lui.
Anna Gaia Cavallo
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