Giulia Magnani e Francesco Drovandi, conosciuti dal pubblico come “Marie and the sun”, duo formatosi nel 2012 a La Spezia, con il loro EP omonimo, dimostrano come sia possibile unire un sound internazionale a testi in italiano, risultando sempre originali e mai banali. Abbiamo parlato con loro dei loro inizi, del loro presente e del loro prossimo futuro.
Ciao ragazzi. Per me è davvero un piacere parlare con voi. Partiamo dal principio. Come vi siete conosciuti e com’è nato il vostro duo?
Ci siamo incontrati una sera in una sala prove, un luogo dove molti musicisti passano giornate, serate e nottate. Dopo aver chiacchierato, è venuta la voglia di suonare qualcosa insieme: confrontandoci su cosa poter suonare ‘al volo’ è saltata fuori ‘Walk on the wild side’ di Lou Reed. Ne abbiamo registrata una versione ‘lo-fi’ quella sera stessa e il giorno dopo ci siamo accorti che aveva qualcosa di speciale. Da quel momento abbiamo cominciato a lavorare insieme.
Come mai avete scelto proprio il nome “Marie and the sun”?
Marie and the Sun è nato poco dopo il nostro incontro; quasi per gioco abbiamo preso spunto dal soprannome di un’amica (Mariasole alias Mary and the Sun), ci è piaciuto e l’abbiamo adottato, col tempo ha assunto molti significati e ci è rimasto addosso.
In passato avete aperto i concerti di Zibba, Alex Britti. Cosa avete imparato da artisti del loro calibro?
Oltre all’emozione incredibile che si prova quando si ha la fortuna di aprire concerti di questo livello è molto bello potersi confrontare con gli artisti stessi. Tutti loro si sono dimostrati persone simpatiche, con un grande personalità e davvero innamorati del proprio lavoro. È molto bello vedere quanta passione e quanto lavoro stanno dietro a un grande concerto.
Avete anche avuto esperienze internazionali: ad esempio, la fashion week di Parigi. Che differenza c’è tra l’esibirsi su un palco nazionale ed uno internazionale? Cosa portate oggi con voi di quelle esperienze?
Abbiamo avuto la fortuna di suonare all’estero in città come Londra e Parigi e in contesti davvero interessanti e eterogenei. A Londra siamo arrivati grazie a un premio vinto a un contest e ci siamo esibiti in un fantastico teatro all’interno dell’O2 Arena, eravamo agli inizi ed è stata una grande emozione poter suonare le nostre canzoni in lingua inglese di fronte ad un pubblico del genere. A Parigi abbiamo organizzato un evento molto speciale in collaborazione con una stilista italiana (Barbara Bologna) che ci ha voluti per la sua presentazione. Nel suo showroom nel Marais abbiamo organizzato un silent concert, sono state esperienze che ci hanno dato molto e che ci hanno fatto venire una gran voglia di portare la nostra musica fuori dai confini italiani.
Avete iniziando scrivendo sia in italiano che in inglese; per questo EP, vostro omonimo, “Marie ad the sun”, avete optato per la lingua italiana: c’è un motivo preciso? In futuro ricomincerete a cantare anche in inglese?
Suonando le cover le prime tracce sono uscite automaticamente in inglese, dopodiché abbiamo pensato di provare a buttar giù qualcosa in italiano perché ci siamo resi conto di quanto fosse diverso rispetto all’inglese. Da questa sfida con noi stessi sono nati dei brani, poi cestinati, poi ne sono nati altri, poi altri ancora, fino ad essere soddisfatti da decidere di inciderli. In italiano si “arriva” molto di più e le persone apprezzano molto, c’è uno scambio diverso. L’abbiamo presa come una sfida, siamo italiani e suoniamo in Italia, proviamo a comunicare in modo più diretto. Abbiamo continuato a scrivere anche in inglese, ma in italiano abbiamo trovato una nostra identità, anche se questa scrittura così essenziale non è facile da comprendere qui, dove è forte la tradizione cantautorale; continueremo su questa direzione che sentiamo appartenerci molto.
Restando in tema EP. La maggior parte delle vostre canzoni parlano d’amore, ma quasi in tutte io ci ho visto un tocco malinconico, oppure addirittura dispregiativo. Questo vuole essere un rimando alla realtà, ad una visione non utopica di questo sentimento, oppure ha un altro significato?
Molti dei brani di questo EP parlano, almeno a un primo livello di lettura, d’amore. Crediamo che le cosiddette ‘canzoni d’amore’ in realtà offrano infinite possibilità di raccontare temi apparentemente anche molto distanti come le proprie paure, la propria voglia di emancipazione, il rapporto con la società che ci circonda, i nostri desideri e la nostra crescita personale.
Avete scritto e composto voi stessi tutte le canzoni, ad eccezione di “Veleno”, scritta con Zibba: come è nata questa collaborazione?
La collaborazione con Zibba è nata quando abbiamo avuto l’occasione di aprire un suo concerto. Ci siamo messi a chiacchierare ed è nata l’idea di andarlo a trovare in studio. Gli abbiamo fatto ascoltare alcuni brani a cui stavamo lavorando e abbiamo deciso di ultimare insieme ‘veleno’. La sua capacità di calarsi nel brano ci ha davvero stupito; è stata una bellissima esperienza e amiamo particolarmente questo brano.
A proposito di “Veleno”: è un brano che parla di come l’attrazione per qualcuno o qualcosa possa essere talmente forte da arrivare a diventare tossica. Avete affermato che ad ispirarvi è stata una vostra esperienza a Londra. Ce lo spiegate meglio?
Londra è una città che ci ha sempre affascinato e attirato molto per diversi motivi.
Sicuramente una scena musicale e artistica tra le migiori al mondo, è una città ricca di stimoli e innovazione da questo punto di vista. Dall’altra parte è anche una grande metropoli e come tale rischia di “inghiottirti”. Ci sono molti pericoli ed è facile rimanere scottati.
Qual è la canzone a cui siete più legati di questo EP e perché? E qual è invece la canzone della vostra vita?
è molto difficile scegliere una sola tra le sei canzoni del EP perché chiaramente ci sono motivi che ci legano ad ognuna di esse, oggi scegliamo “Cosa Siamo” perché è una brano che racconta di quanto bisogna tenere duro nella vita per raggiungere i propri obbiettivi. La canzone della nostra vita “di Duo” è sicuramente “Walk on the Wild Side” di Lou Reed perchè è il brano che ha dato inizio al nostro percorso.
Cosa volete trasmettere con il vostro lavoro? E cosa vorreste che si dicesse di voi?
Il nostro lavoro è il risultato di emozioni molto personali ma che crediamo possano appartenere a una buona parte delle persone sopratutto della nostra generazione. Abbiamo cercato di metterci dentro tutti i dubbi, le paure ma anche la grinta che sicuramente è quello che caratterizza le persone della nostra età in questo preciso periodo storico. Quello che ci piace di più quando qualcuno “commenta il nostro lavoro” è che si apprezzino la semplicità e la genuinità dei testi e temi trattati e la ricerca musicale che abbiamo cercato di fare sulla lingua italiana per inserirla in questo tipo di sound.
Abbiamo parlato del passato e del presente. Ora pensiamo al futuro: quali sono i vostri progetti? Sono previsti tour? Se sì, conoscete già qualche data?
I nostri progetti a breve termine sono sicuramente quelli di suonare il più possibile dal vivo questi brani per promuovere e far conoscere il nostro lavoro, ma sopratutto perchè è quello che più ci piace fare.
Il contatto con il pubblico è fondamentale e in questo momento, abbiamo la fortuna di poterci esibire in quartetto con Stefano Natty Dub Casalis alle tastiere e campionatori e Jeremy aka Mr Moon al Basso e di poter cosi riproporre live un suono assolutamente fedele a quello del disco. Abbiamo molti progetti per i prossimi mesi che sveleremo piano piano sui nostri social.
Le prossime date sono:
2 Dicembre Goganga Milano
3 Dicembre Twiggy Varese
Complimenti ed in bocca al lupo per tutto.
Grazie!!!
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Anna Gaia Cavallo