Dopo il tour dei dieci anni del loro primo album i Finley sono tornati con un nuovo singolo, “La fine del mondo”, e un tour che ha riscosso gran successo. Noi di Brainstorming Magazine abbiamo avuto il piacere di seguirli in questa loro nuova avventura e in occasione del concerto a Parma abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il frontman, Pedro.
Ciao Pedro, è uscito da poco il vostro nuovo singolo, “La fine del mondo”, quando Ka vi ha presentato per la prima volta il brano quali sono state le vostre reazioni?
Ciao a voi! E’ stato uno dei primi brani che ha aperto la nostra pre-produzione, quindi è un brano scritto qualche tempo fa. “La fine del mondo” è il pezzo che ci ha convinto da subito e ha disegnato la strada che avremmo percorso nelle successive produzioni che non avete ancora sentito, ma che sentirete presto.
In questi anni quello che abbiamo scritto, suonato e lavorato sui nostri computer ha percorso direzioni molto diverse tra loro. Ci sono stati periodi in cui avevamo un’idea, l’abbiamo abbandonata, abbiamo deciso di percorrere un’altra strada e poi abbiamo cambiato di nuovo idea.
Essendo una band ognuno ha le proprie idee quindi molto spesso c’erano degli input molto diversi tra loro, ma la cosa più importante è cercare di far rientrare tutti questi stimoli all’interno di un solo canale o comunque cercare dargli una sorta di integrità. “La fine del mondo” era il pezzo che da subito ci ha convinto per l’idea di sound, nonostante ha cambiato pelle diverse volte nelle varie pre-produzioni. Quello che avete sentito in queste settimane è il suo vestito finale e sicuramente nei prossimi pezzi ci sarà una forte impronta elettronica.
“La fine del mondo” è un brano forse più pop rispetto ai precedenti lavori, ma sotto certi aspetti è anche più particolare perché c’è sicuramente più sperimentazione. Volevamo fare qualcosa di nuovo, nonostante ci piaccia ancora suonare o ascoltiamo ancora generi che possono essere più riconducibili a quella che è la nostra prima parte di percorso artistico. Vogliamo fare qualcosa di diverso e “La fine del mondo” può essere un primo passaggio a quello che saremo.
Il video di “La fine del mondo” è molto diverso dai precedenti lavori, sembra un sogno pieno di simboli di non facile interpretazione, ci vuoi aiutare a capirlo? L’altra particolarità del video è che ci sei solo tu. Sarà mica un’esplosione di egocentrismo?
Ovviamente questo segna il primo passo per un distacco dalla band e per una carriera solista! (ndr: ride)
A parte gli scherzi, ho visto che molte persone hanno segnalato questa cosa, ovviamente è qualcosa di forte. Perché nel nostro percorso anche a livello di videografia, ci sono sempre state delle caratteristiche che sono stati dei punti inossidabili, quasi dei capisaldi all’interno dei nostri video: ovvero playback, nel senso che si vede la band che suona e forma il pezzo; la presenza di tutti i membri della band e secondo me anche fin troppo una didascalicità nei lavori passati a livello di video. Ovvero tendevamo, forse troppo, a riportare quello che è il testo della canzone all’interno del video.
Questa volta abbiamo voluto giocare in maniera diversa, abbiamo voluto ribaltare totalmente quei canoni che abbiamo sempre utilizzato. Ci siamo detti “facciamo una roba totalmente diversa!”, ma non per dire siamo cambiati, siamo meglio ora o rifiutare quella che è stata la nostra immagine, perché se parliamo di videoclip, parliamo anche d’immagine. Volevamo ricreare un paesaggio che riproducesse una sorta di dimensione diversa, una dimensione spazio tempo totalmente spostata da quello che è l’ecosistema terreste e per cercare di ricreare un viaggio personale era più giusto scegliere un’unica persona. L’idea iniziale era quella di utilizzare un attore e quasi non comparire all’interno del video, poi ci siamo detti “abbiamo un frontman così bello, così di personalità, così di charme, perché non sfruttarlo!” (ndr: ride ancora)
Volevamo un viaggio più individuale all’interno di quello che è il pezzo e dare maggior libera interpretazione alle persone, regalare delle immagini, dei colori, delle sensazioni più che sottolineare quello che è il testo del pezzo.
Lo accennavi prima, nel corso del tempo avete cambiato gusti musicali, che vi hanno portato a nuovo sound. Avete ancora più o meno gli stessi gusti musicali oppure vi scontrate e cercate dei punti in comune?
Più che altro da sempre ognuno di noi ha i propri punti di riferimento sia a livello sonoro che a livello di scrittura e composizione dei pezzi. Si tratta, non tanto di portare nella propria musica quello che ti piace, ma cercare di costruire un percorso musicale non solo divertente da suonare, non solo che ti emoziona, ma che ti possa vestire alla perfezione e che ti possa rappresentare al meglio.
Credo che presto sentirete delle cose che sono un upgrade di quello che abbiamo fatto in passato, sia a livello di scrittura che a livello di arrangiamento.
Siamo anche delle persone molto attente a quello che ci circonda, a quello che è il trend musicale mondiale, europeo e italiano quindi anche inconsciamente veniamo influenzati da quello che ascoltiamo. Non ha senso chiudersi in casa e non ricevere input.
In un pezzo come “La fine del mondo” c’è la scelta di mettere sotto una luce più importante degli strumenti che prima non c’erano; non nascondere il power trio, e dare alle chitarre uno spazio, una dimensione diversa. Le nostre prime produzioni avevano basso, chitarra e batteria tutti importanti, lì davanti, ma sinceramente anche i brani che ascolto ora che hanno quei crismi mi annoiano, mi sembrano un po’ anacronistiche, quindi abbiamo voluto giocare e costruire un sound che potesse stimolarci, potesse rappresentarci al meglio.
Rimanendo in tema di scontri, che cosa vi fa litigare di più all’interno della band?
In questo non siamo cambiati! Sono sempre le solite cose, i soliti vizi come i ritardi e le leggerezze. Non ci sono stati cambiamenti, una persona prova a cambiare ma alla fine porta avanti sempre gli stessi difetti, anzi forse peggiorano sotto certi aspetti, al massimo si possono limare un po’. Bisogna cercare di vedere il lato positivo. Bisogna accettare quei tratti caratteriali che contraddistinguono una persona e concentrarsi su quello che di buono fa.
Raccontaci l’aneddoto più divertente di “La fine del mondo tour”
E’ stata molto divertente la serata al Rock Planet! Sapete benissimo che molte volte suoniamo e il giorno dopo andiamo a fare la diretta in radio, quindi spesso non abbiamo molto tempo per vivere quello che è la serata e l’after show.
Quella volta avevamo qualche ora in più a disposizione e abbiamo colonizzato il locale. E’ stato molto divertente!
C’è un bel clima… Dal tour dei dieci anni di “Tutto è possibile” ci sono tante persone, entusiasmo e sicuramente aiuta a creare un clima molto più disteso, più divertente, leggero e a noi non resta che salire e divertirci.
Qual è la canzone di cui non potete fare a meno durante un live?
“Ad occhi chiusi” è il mio pezzo preferito, l’ho sempre detto, e suonarla live mi piace moltissimo. Secondo me ognuno ha il proprio. E’ una cosa soggettiva, ci sono brani con cui hai più confidenza che maneggi e puoi suonare, come in questo caso, letteralmente ad occhi chiusi. Questo è un pezzo che potrei cantare in ogni momento. Ha energia, ha un bel testo e mi piace molto interpretare questo brano. Anche se non è uno dei nostri singoli di maggior successo, vedo sempre che vi è molto scambio tra noi e il pubblico.
In questo tour mi è piaciuto tantissimo suonare anche “Sempre solo noi”, ci sono tanti significati dietro quella canzone, e mi è piaciuto anche come abbiamo costruito l’arrangiamento. L’abbiamo fatto molto povero sotto certi aspetti: pianoforte, basso, chitarra e poche percussioni, poca batteria. Abbiamo cercato di ridurre all’osso la canzone per far uscire quell’emotività del brano. E’ veramente un pezzo di cuore che metto sul microfono. Ogni volta che lo canto e vedo le facce delle persone sotto al palco mi emoziono ed è sempre un bel momento.
Un altro brano che mi piace sempre e non mi stanca mai è “Il tempo di un minuto”. Secondo me è uno dei nostri pezzi migliori.
Il prossimo week end suonerete a Padova con i Dari e Walter Fontana, la serata sarà un “ritorno a TRL”. Ti manca un po’ quel periodo?
Be’ ovviamente è stato un bellissimo periodo. Il nostro progetto aveva tantissima esposizione, eravamo delle palline impazzite che schizzavano dal nord al sud dell’Italia. Non era solo TRL, era tutto quello che ruotava attorno, quel programma è stata forse la scintilla che ci ha aiutato a farci conoscere da tutto un seguito di persone. Sono stati degli anni bellissimi però devo dire la verità, mi diverto molto di più ora. E’ che prima quasi, non dico non te lo meritavi, ma era successo tutto così in fretta che non riuscivi a capire la fortuna che avevi di suonare in quei contesti, di avere tutta quell’esposizione. Mentre ora ogni passo che facciamo lo conquistiamo con le unghie e con i denti. E i risultati che ottieni ti fanno capire che hai seminato bene negli anni, che non hai smesso di continuare a credere e di portare avanti qualcosa in cui anche tante persone si rispecchiano e credono. Adesso suonare ha un sapore diverso, è più bello, è più intenso.
In teoria questa è la penultima data del tour, ma dicci la verità ci saranno altri concerti? Uscirà presto un nuovo singolo? E l’album?
Sicuramente non ci fermiamo qua! Ci abbiamo preso gusto, abbiamo fatto il tour dei dieci anni, abbiamo fatto questo tour che è solo il primo step di un percorso che faremo. Nei prossimi mesi ci saranno delle cose e l’obbiettivo finale è ovviamente quello di pubblicare un album e di arrivarci piano piano. Non preoccupatevi, nei prossimi mesi ci saranno tante altre occasioni per sentirci live!
Next show:
13.05.2017
Padova – Parco della musica
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