E’ uscito da poco “Tales from Oumuamua”, il nuovo disco degli Entropia. Mondi lontani e misteri dal profondo dello spazio prendono improvvisa concretezza nei suoni e nelle atmosfere di questo album. Una band che ha cambiato veste molte volte senza perdere se stessa. Andiamo a conoscere gli Entropia.
Intervista Entropia
Ciao ragazzi, è uscito da poco il vostro nuovo album. Qual è il pezzo che consigliereste al nostro pubblico? E perché?
Consigliamo “Cristoforetti’s Space Diaries”, ci piace l’idea di aver sposato l’immaginario “pop” del viaggio spaziale dalle consuete icone statunitensi o russe, quindi i viaggi Apollo piuttosto che il mito di Yuri Gagarin, verso una figura femminile italiana. Abbiamo utilizzato alcuni frammenti vocali tratti dalle corrispondenze di Samantha Cristoforetti dalla stazione spaziale internazionale messe in circolazione sui social come elemento del un processo di manipolazione digitale del suono all’interno della tessitura dei synth.
Suonate insieme dal 1996, come sono cambiati gli Entropia in questi anni?
Quando ci trovavamo una fase pionieristica in cui la Techno e musica elettronica erano elementi separati e distinti dal resto della popular music e le nostre sperimentazioni tentavano di riprocessare esperienze sonore pregresse attraverso le nuove tecnologie. Man mano abbiamo trovato sempre minore diffidenza, da parte di artisti di altre discipline, ad interagire con l’elettronica e il digitale e abbiamo sviluppato nel tempo la capacità di integrarci con panorami sonori sempre diversi. Il cambiamento è stato continuo e dialettico e ci ha portato ad avere continue e diverse collaborazioni.
Cosa invece non cambierà mai?
Non cambierà mai la nostra curiosità verso modi concepire la musica diversi.
Il vostro è un album ambient, molto di nicchia. Come mai avete scelto questo genere?
Noi ci muoviamo entro un ecosistema elettronico che vede l’ambient come un modello espressivo consueto e che vede sia Brian Eno che il “krautrock” come punti di riferimento.
Il termine “ambient” indica tutto quel perimetro dove vengono sperimentate forme e strutture basate su fasce sonore, tappeti e cosiddetti “droni” con un impiego limitato di figurazioni ritmiche.
Ma in realtà è un “genere” molto eterogeneo in cui ogni autore sperimenta approcci anche molto diversi. Come Entropia, ma anche con i nostri progetti solistici, abbiamo prodotto decine di dischi inscrivibili in questo genere, che troviamo una palestra idonea a sviluppare varie esperienze sonore.
Crediamo sia un genere molto radicato nelle neotribù metropolitane che hanno l’elettronica come riferimento culturale.
Ora passiamo a qualche domanda di rito suggerita dal nostro pubblico: quali sono le tre canzoni che più hanno influenzato la vostra vita?
Le tre “canzoni” che più hanno influenzato la nostra vita sono:
“Tomorrow Never Knows” dei Beatles, una vera rivoluzione sonora per il 1966 e che ancora oggi conserva una notevole attualità sia per l’uso della ritmica, che per le manipolazioni sonore, che per la struttura canzone quasi sciamanica;
“Atom Heart Mother” dei Pink Floyd del 1970, una suite psichedelica con elementi sperimentali, anche molto radicali, uno dei momenti più innovativi della musica rock di quel decennio;
“Radioactivity” dei Kraftwerk del 1975, un brano rivoluzionario che ha aperto le porte alle sonorità contemporanee. Il brano ha struttura formale innovativa dove la miscela di ritmiche, suoni elettronici e melodia, da luogo a un nuovo modello di canzone.
Ultima domanda di rito: se doveste descrivere la vostra band con un drink, quale sarebbe e perché?
Forse il Whiskey Sour, per una nicchia di appassionati
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