E’ uscito giovedì 17 giugno “Sciogliersi un po’”, il nuovo singolo dei The Heron Temple. Un nuovo capitolo di cantautorato electro-pop che fonde movenze elettroniche e giri di chitarra elettrica, per chi ha sognato almeno una volta di perdersi con qualcuno che si ama, per chi ama ballare sulle canzoni tristi e per chi, forse, ama anche litigare. Ecco cosa ci hanno raccontato in questa intervista!
Intervista The Heron Temple
Qual è secondo voi il problema della scena musicale in Italia?
Secondo noi non c’è un vero e proprio problema, o meglio, non ci sono problemi che non siano già appurati anche all’estero. Il periodo del “boom it-pop” ha creato molti fenomeni, ma solo pochi di essi hanno le basi reali per un percorso lungo. Non è di per sé un problema, la musica ha sempre vissuto di mode e sta nell’artista risultare sempre credibile ed interessante. La gente da sempre ascolta quello che va di moda, tranne una piccola nicchia. Negli anni ’70 erano i Rolling Stones, nei ’90 i Backstreet Boys, negli ultimi anni Sferaebbasta. Non è un problema di per sé, la musica è un fenomeno sociale. L’unico neo che abbiamo in Italia è il guardare troppo poco fuori dal nostro Paese, per capire come si evolve la scena musicale nel mondo. Quello che a volte propongono come innovativo è già stato fatto in UK, USA o Scandinavia dieci anni fa e già “suona vecchio”.
Avete anche voi la sensazione che ci sia più musica che ascoltatori?
Voi che ascoltatori siete? Avete voglia di ascoltare musica nuova? Ci riallacciamo alla risposta precedente: per ascoltare musica nuova guardiamo al 99% a ciò che succede all’estero. Ascoltavano gli IDLES ed i Junge prima che scalassero le classifiche. Prendevamo come riferimento i Fountaines DC o Gaz Combes prima che uscissero sulle copertine patinate.
Allacciandovi al vostro nuovo singolo, voi in che contesto dovreste “sciogliervi un po’”?
Nel contesto social! Siamo due musicisti vecchia scuola: dacci un palco e degli strumenti, anche davanti ad un miliardo di persone e siamo a nostro agio. Davanti a Instagram, Facebook, sponsorizzate, post e contenuti andiamo nel pallone! È un mondo che ci appartiene poco!
Quali sono le tre canzoni che hanno influenzato la vostra vita?
Vincent: sicuramente un brano a caso dei Rolling Stones, da “Jumping Jack Flash” a “Can’t you hear me knocking”. Quando ascoltai per la prima volta la chitarra di Keith Richards decisi che nella vita volevo stare su un palco e suonare davanti a quanto più pubblico possibile.
Valerio: Iron Sky di Paolo Nutini… molti non sanno che, prima di essere “The Heron Temple” ci chiamavamo “Iron Sky“! Quando ci hanno chiamato da X-Factor ed abbiamo portato quel brano, abbiamo deciso di cambiare il nome al volo. È un brano legato a tantissimi momenti della mia vita.
Entrambi: “No Diggity” di Chet Faker è stato il brano che ci ha avvicinati ad un certo tipo di concezione live, in cui fossero presenti non solo gli strumenti tipici della band, ma anche l’elettronica ed un arrangiamento votato a quel tipo di sonorità. Proprio grazie a No Diggity abbiamo capito come affrontare un certo tipo di percorso musicale con gli Heron.
Se doveste descrivervi con il nome di un drink quale sarebbe e perché?
Negroni! No non pensate troppo male, sappiamo che chi legge ha già il sorriso malizioso… ci rendiamo conto che tutto ciò che amiamo viene dalla musica nera: soul, blues, funk sono importanti basi per i The Heron Temple!