E’ uscito il 18 giugno Castelli, l’EP omonimo che battezza il progetto solista di Stefano Castelli. Sette brani che si muovo tra sonorità synth pop e un sottofondo di energia che ci ricorda il rock.
Castelli
La raccolta si apre con 1984, brano in collaborazione con Garbo e primo singolo estratto, che celebra quell’anno dal punto di vista musicale; si continua con Chiusi, focus track dell’EP, che tratta il tema della convivenza forzata attraverso sonorità synth pop che si mischiano all’indie di inizio 2000. Si passa quindi a Parassiti e Berlino ’86, brani dalle sfumature dark, entrambi ispirati al mondo del cinema, per continuare con Paneuropea, canzone che riflette su una nuova idea di Europa, più aperta e più inclusiva. Ci si avvia alla conclusione con Canzone Italiana, brano più leggero, un vero e proprio divertissement sul cantautorato italiano, che invita l’ascoltatore a cogliere le diverse citazioni. L’EP si chiude con Sharp Blades Here, scritto con Luca Urbani e unico pezzo in inglese, dallo stile italo disco.
Castelli è un tuffo nel passato. Vi ricordate gli anni ’80? Se avete dubbi su come fosse la musica elettronica in quel periodo basta premere play su questo progetto. In contemporanea, sarà per la voce, ma questi brani ci ricordano un po’ anche Immanuel Casto. Castelli è una musica malinconica, non per tutti i momenti. Il sottofondo elettronico rende i brani un po’ troppo simili tra loro. Nonostante la malinconia, si tratta di un EP tutto da ballare. Non è molto il nostro stile, ma gli amanti del genere sapranno apprezzarlo.