Pintus: “Un gin tonic in solitaria prima di andare a letto”

Fuori dal 10 dicembre “Erisimo“, la nuova canzone di Francesco Pintus. Sentire la gola secca e non avere più voglia di cantare è un problema che colpisce chiunque abbia la forza di mettersi a nudo, a costo di prendersi un brutto raffreddore al cuore.

pintus intervista

Pintus intervista

Benvenuto su Brainstorming, Pintus! Hai appena pubblicato il tuo nuovo singolo “Erisimo”. Quali sono le tue sensazioni, all’alba di questo ritorno?

Ciao! Le sensazioni sono sempre contrastanti, credo sia normale. L’euforia di condividere una nuova canzone con tutti combatte sempre con l’ansia per le possibili mancate aspettative che non dovrei avere.

Hai una storia di pellegrinaggi e spostamenti attraverso il Paese. A cosa pensi se ti diciamo la parola “radici”?

Il concetto di radici è spesso eterogeneo, la vita ci riserva un percorso molto personale che quindi ne cambia la concezione in maniera singolare per tutti. Io ho sempre ritrovato le mie radici nelle persone, nei volti amici che hanno accompagnato la mia crescita, senza legarle in modo particolare a dei luoghi, salvo poche eccezioni. Tipo il mare, che per me è un po’ simbolo delle mie radici, perché c’è stato e c’è sempre in tutto ciò che mi riguarda.
 
E il tuo primo contatto con la musica? Ricordi la prima canzone che hai scritto?

La musica c’è sempre stata fin da subito nella mia vita, non ricordo precisamente quando io abbia deciso di iniziare a studiarla e ad ascoltarla in maniera critica ma è successo.

Quella della scrittura invece è una passione sviluppata più tardi, per scoprire la forma di espressione più adatta ad esorcizzare una serie di cose. La mia prima canzone l’ho scritta intorno ai 18 anni, si chiama Cobalto e mi capita ancora di risuonarla delle volte.

Esordisci mesi fa con “Fuori fase”. Ti senti ancora come cantavi in quella canzone, oggi?

Fuori fase descrive una condizione che mi accompagna da molto, con alti e bassi, più che un’istantanea è proprio una colonna sonora del tipo di vita che ho quindi si, indubbiamente mi sento in quel modo, anche se non in ogni istante.

“Erisimo”, invece, sembra segnalare in te la voglia di ritrovare voce e forza. Qual’è la genesi del brano?

Erisimo è un brano più introspettivo, più che legato alle vicende della mia vita quotidiana è incentrato su come le interpreto. È nato per l’esigenza di esprimere un’idea che stava balenando nella mia testa, cioè quella di fermarmi un attimo e imparare a conoscermi per davvero, invece di trovare problemi all’esterno.
Quello dell’erisimo è ovviamente un espediente narrativo ma molto realistico (ne faccio spesso uso con risultati dubbi).

Secondo te c’è qualcosa di comune, di “generazionale” nelle parole che canti? Perché sembra che, in qualche modo, la tua musica provi sempre a descrivere situazioni “esistenziali”, più che storie vere e proprie…

È davvero difficile per me capirlo, bisognerebbe chiederlo a chi la ascolta e soprattutto a chi, in qualche modo, empatizza con quello che ho scritto. Io la vedo come una storia personale, poi è ovvio che la mia è una condizione emotiva comune in quest’epoca, e forse questo la rende generazionale? Non lo so.
 
Domande di rito: associa “Erisimo” ad un cocktail.

La associo ad un gin tonic in solitaria prima di andare a letto, mica male.

Il primo concerto che hai visto al termine del lockdown e il prossimo a cui vorrai partecipare.

Penso fosse un live di Margherita Vicario. Per i prossimi, ho in programma di andare a sentire Motta in primavera, sono un grande ascoltatore ma purtroppo non ho ancora mai avuto l’occasione di ascoltarlo live.

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