Dal 18 marzo 2022 fuori “Stand Up”, il nuovo singolo dei Freak Show. Il brano nasce sull’onda emotiva delle manifestazioni di piazza diffuse in tutto il mondo tra il 2018 e 2019 per la salvaguardia del pianeta. E’ un pezzo arrabbiato, amaramente ironico e, purtroppo, molto realista.
Spiega l’artista a proposito del brano: “Stand Up è il nostro manifesto ecologista: il pianeta sta soffrendo e l’invito ad alzarsi (“stand up”) è rivolto soprattutto ai più giovani perché prendano coscienza, si ribellino e indichino con chiarezza i responsabili del disastro ambientale e climatico. Perché se una speranza esiste non può che sorgere intorno alle nuove generazioni.”
Noi come sempre abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchiere con loro.
Freak Show intervista
Quali sono tre dischi che a vostro parere sono stati fondamentali per la vostra formazione musicale?
La formazione musicale è continua, non si può dire che si è arrivati ad una completezza, per la stessa natura della musica. Se dobbiamo scegliere solo tre dischi (che fatica enorme, ne vengono in mente decine…!) potremmo dire l’album bianco dei Beatles, The Wall dei Pink Floyd e Gratitude degli Earth, Wind & Fire. Prendi il pop dai primi, un po’ di rock dai secondi e il groove dai terzi, mescoli il tutto e usciamo noi (beh, con le debite distinzioni, si intende!).
Cosa vi ha spinto a scrivere “Stand Up”? E per cosa dovremmo alzarci?
Stand Up nasce come un incitamento ad alzare la testa, a prendere coscienza dei problemi e a farsi sentire, per la propria vita. Il riferimento è ai movimenti FFF per la salvaguardia del benessere della Terra. L’incitamento è rivolto ai giovani, l’unica, flebile speranza che qualcosa possa cambiare nella gestione fallimentare del pianeta da parte della specie umana.
Perché avete scelto di mantenere l’inglese per un messaggio così importante?
La scelta di cantare in inglese prescinde dal pezzo in sé. Semplicemente, per una questione di musicalità, l’inglese è più adatto per la musica che facciamo. E’ molto difficile adattare le parole italiane a basi serrate come quelle del funk; noi possediamo parole lunghe, con accenti che le “spezzano” in maniera poco musicale e questo è sorprendente poiché all’estero dicono sempre che l’italiano, quando parla, sembra che canti. Ci sono artisti italiani che riescono a fare questo (ad esempio Caparezza o Frankie Hi NGR e non per niente fanno rap) ma sono davvero pochi.
Quali sono i vostri background musicali?
Sono molto vari e questa è una ricchezza. Ross è molto forte sul pop contemporaneo con un occhio alle produzioni indie, sempre dei giorni nostri. Eros viene dal rock, culturalmente, ma è molto competente anche su acid jazz e fusion. Andrea è il soul man, tutto ciò che è black music. Matt invece ama il blues, è percepibile dalla sua pennata “morbida”. Max, infine, è enciclopedico sul funk, vecchio e recente, con tante contaminazioni pop.
Ultima domanda: se foste un drink quale sareste e perché?
Un bicchiere di vino rosso, probabilmente. Cantiamo in inglese, lo stile è americano ma noi siamo molto italiani!
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