In occasione del concerto di Zucchero a Rimini, abbiamo avuto la fortuna di scambiare quattro chiacchiere con Dino Bono, quello che vende le magliette ai concerti. La sua carriera è iniziata negli anni ’90 insieme ai più grandi della musica italiana, come Jovanotti e Ligabue. Nel giro di pochissimo tempo si è trasformato da grafico a merchandiser, fino a diventare il numero uno in Italia. Senza perderci in tante chiacchiere, lasciamo la parola a Dino e facciamoci raccontare com’è la vita da merchandiser.
Vita da Merchandiser – Intervista Dino Bono
Ciao Dino, lavori in questo settore da tanti anni, ci racconti come hai iniziato?
Certo! Quando ho iniziato ero già nell’ambiente musicale, scrivevo canzoni e frequentavo il liceo artistico. Un giorno un amico comune mi ha presentato questo personaggio che aveva l’unica agenzia di merchandiser in Italia e stava cercava dei disegnatori per le t-shirt. A quei tempi non esistevano i programmi di grafica, quindi dovevi saper disegnare e io ero abbastanza bravo. Gli sono piaciuto e così ho iniziato a lavorare in quest’agenzia che quei tempi era l’unica in Italia. Ho iniziato così a disegnare magliette per gli artisti, poi ho deciso di mettere su la mia agenzia di merchandiser.
Cosa vuol dire fare il merchandiser?
Fare il merchandiser vuol dire vendere un prodotto emozionale ai fan che sia una specie di ricordo del concerto, ma soprattutto un segno identificativo dell’amore che prova per il proprio artista.
Come sei riuscito nel corso degli anni a guadagnarti i merch di questi big italiani?
Diciamo che sono stato nel posto giusto al momento giusto. La mia carriera da merchandiser è iniziata con il tour di Jovanotti che era agli inizi come me. E’ stato un tour fortunato per entrambi e da lì mi sono fatto notare. La mia grande fortuna è stata quella di partire con artisti che erano agli inizi e che solo dopo sono diventati dei big.
Ho lavorato agli inizi con Ligabue, Jovanotti, Max Pezzali e agli inizi di tutti i più grandi artisti italiani. Raramente sono entrato in corso, quindi sono stato molto fortuna e probabilmente ho portato grande fortuna agli artisti.
Come sei riuscito a mantenere, nel corso del tempo, i rapporti con gli artisti?
Ho mantenuto con tutti un fortissimo legame, con alcuni di loro siamo proprio amici. Ci sono riuscito perché l’artista comunque è una persona semplice, normale, ha un animo buono. Ha una spiritualità diversa da tutti gli altri, quindi se tu ti comporti bene con loro, loro te ne saranno grati per sempre. Anche gli artisti sono persone normali.
Che consiglio daresti a un grafico che oggi vuole approcciarsi a questo mondo?
Allora io ho smesso l’attività di grafica subito dopo che ho iniziato a fare merchandiser ufficiale per conto mio. Ora ci sono programmi di grafica incredibile e dei grafici stratosferici, ai miei tempi non era così. Una volta la maglietta bastava farla anche solo a un colore, tipo la maglia di Yuppi Du di Celentano o dei Pooh. Sono tutte maglie a un colore. Le maglie di Jovanotti erano disegnate da lui. Onestamente non saprei che consiglio dare in pratica, l’unica cosa che mi sento di dire è: se la maglietta è bella vende, se la maglietta è brutta no.
Fast fashion e green fashion, si sta andando sempre di più verso una moda sostenibile. C’è qualche artista che si è messo in moto per fare un merch di questo tipo?
Tutti gli artisti, in particolare Eros Ramazzotti, che è completamente plastic free, e Lorenzo Jovanotti. Tutti si stanno muovendo in quel senso, ad esempio tutti stanno usando t-shirt con cotone biologico. Stiamo cercando di avere, anche i miei colleghi, meno sacchetti di plastica. Siamo molto attenti sia ai cambiamenti climatici che ai cambiamenti relativi al prodotto.
Sta per uscire il tuo libro, puoi svelarci qualcosa?
Uscirà a novembre 2022 e si intitola “Sono quello che vende le magliette ai concerti”. Parla degli aneddoti raccontabili dal 1990 ad adesso con tutti i più grandi artisti. Io ho lavorato con De Andre, Battiato, Lucio Dalla, Fossato, I Pooh e ho tanti aneddoti molto simpatici. Chiaramente racconto solo i raccontabili, ma al momento non posso svelarvi nulla di più.
C’è qualche artista con cui hai lavorato che è stato un pochino più ostico e con cui non sei riuscito a mantenere buoni rapporti?
Mai, perché lavoro solo con artisti che mi danno fiducia e con cui c’è fiducia reciproca. Non lavoro con tutti, quindi me ne accorgo subito se uno è ostico.
Differenza tra fare il merchandiser in Italia e all’estero?
Totalmente diverso perché il cantante italiano, a parte alcuni casi come Zucchero, Pausini e altri, non hanno mercato estero. Nel corso della mia carriera io sono stato fortunato perché con questi artisti ho fatto almeno sei volte il giro del mondo. Ho avuto questa fortuna però se tu inizi a lavorare con artisti come Vasco, dopo Lugano non è conosciuto. Invece tipo Ed Sheeran è un fenomeno planetario e noi purtroppo non abbiamo fenomeni planetari, a parte Ramazzotti.
Ultima domanda: un consiglio per un musicista emergente che vuole fare il suo primo merch?
Consiglio a tutti i musicisti emergenti di fare un merch perché insieme al live è una fonte di reddito. Non si vendono più i dischi e con Spotify non vai neanche a mangiarti una pizza.
Iniziate con un piccolo banchetto con una t-shirt molto bella e di alta qualità, perché basta una lamentela di un fan e sei finito. Prezzi contenuti e può essere un ottimo introito.
www.instagram.com/fanshopping_dinobono/
Leggi anche –> Donne e Musica, intervista alla grafica musicale Noemi