Fuori dal 22 aprile il primo album degli Ave Quasàr dal titolo “AQ”. Un disco che nasce in duo, da Luca Grossi e Fausto Franchini, abili miscelatori di generi. In questo disco racchiudono influenze che vanno dall’elettronica all’alternative degli anni Novanta. Un disco che il duo descrive come “la nostra libertà creativa dopo varie esperienze con formazioni problematiche. Abbiamo cercato di piegare l’elettronica al nostro mondo interiore senza sforzarci di appartenere a nessun genere preciso ma riferendoci ai grandi esempi artistici che portiamo nel cuore.”
Non abbiamo saputo resistere, e abbiamo fatto loro qualche domanda!
Ave Quasàr
Quali sono tre dischi che a vostro parere sono stati fondamentali per la vostra formazione musicale?
Luca: The Inheritors – James Holden, Walls – Apparat , The Eraser – Thom Yorke
Fausto: Fetus – Battiato, Homogenic – Bjork, This is all yours – Alt-J
C’è qualche progetto musicale che non vi mette d’accordo?
Luca: Non saprei, forse qualcosa di super pesante che a me piace tipo Roots Bloody Roots dei Sepultura.
Fausto: Credo la parte delle mie influenze più legate al monto folk e di tradizione.
Da dove nasce l’esigenza di registrare una nuova versione di “Acqua”?
E’ una canzone che sentiamo come particolarmente evocativa e non vedevamo l’ora di sentirla sotto altra forma. Non tutte le canzoni si prestano ad essere manipolate. Dal vivo è ancora un pochino diversa.
Domanda per Luca, come gestisci la tua doppia identità di discografico e musicista?
All’inizio questo mio doppio ruolo mi spaventava ma in realtà ora è tutto molto naturale. Considero sempre i miei diversi mondi musicali e professionali come distinti. Ci sono gli Ave Quasàr che sono la mia moleskine, c’è Ohimeme che è uno scaffale di una libreria, c’è Flat Scenario che è la falegnameria :).
Essere discografico mi aiuta molto a comprendere gli artisti: ognuno di loro si rapporta ad una nuova canzone e ad un nuovo disco in modo diverso. Esplorare un ventaglio ampio di condizioni mentali ed emozioni mi aiuta a vedere le cose dall’alto.
Gestire un’etichetta mi fa anche sentire molto più consapevole quando pronuncio la parola “mercato” e paradossalmente oggi la associo ad un processo che a che fare con la creatività piuttosto che alla standardizzazione. Mi viene in mente il nome “Fuck Pop” del progetto di Pluggers. E’ un nome provocatorio ma ci vedo anche una spietata lucidità mentale. In questo momento in cui la musica è liquida il mercato è solo pop?
Ultima domanda: se foste un drink, quale sareste e perché?
Luca: Io sarei una ALDIPA. Una birra da scaffale ma non una birra qualunque
Fausto: Io oggi sarei un vino rosso carico, ma domani chissà.
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