“Figli” è il primo singolo di Beatrice Pucci. Il brano anticipa l’uscita del primo album della cantautrice “Le colline dell’argento”. Sonorità lisergiche che trovano la giusta quadratura nell’ordine instabile di una sensibilità avvezza alla misurazione del caos.
Beatrice Pucci
Bentrovata su Brainstorming Mag, Beatrice! Partiamo dalle domande spaccaghiaccio, in linea con l’abitudine del nostro magazine: dicci quali sono le tre cose più importanti della tua vita, e qual’è invece il pensiero costante che ogni giorno ti perseguita e di cui vorresti, prima o poi, liberarti.
Le cose più importanti della mia vita sono il sonno, gli alberi e l’armonia con le persone.
Il pensiero costante di cui vorrei liberarmi invece è quello di pensare che il tempo passi troppo velocemente e che sia sempre troppo tardi, o che in generale io sia in ritardo.
“Figli” è un singolo d’esordio potente, che non edulcora il proprio messaggio attraverso “pose” pop o modaiole ma che piuttosto certifica l’esistenza di una “maturità” e di una identità musicale che, insomma, quasi fa dimenticare che il tuo è un debutto! Quanto hai lavorato al disco che uscirà, e da dove parte il progetto che solo oggi comincia a vedere la luce?
A questi brani ho lavorato per l’esattezza da marzo 2021 a settembre 2021, sicuramente questo progetto parte dalla volontà di racchiudere in musica alcuni momenti personali, per me fare musica è un modo di avere un archivio, così posso tornare indietro e rivedere cosa era successo o cosa stavo pensando. Ma la verità è che lo faccio anche perché mi piace costruire qualcosa di personale. A volte mi è anche utile, perché riascoltare una canzone che ho fatto dopo qualche mese è un’esperienza diversa rispetto a quando la canzone è appena fatta, a volte riascoltare mi dà risposte.
Nel tuo primo brano estratto da “Le colline dell’argento”, il tuo EP d’esordio di prossima pubblicazione, parli di tante cose: c’è il tema del tempo che passa, delle cose che restano e dell’indifferenza della gente che spesso si lascia scivolare addosso. Insomma, un ritratto personale di una quotidianità che però è di tutti. Come nasce il brano?
Non mi piace raccontare le canzoni, perché lo trovo ingiusto verso di chi le sente. Mi piace che tutti ci vedano quello che vogliono vedere, però mi piace ricordare che “figli” è nata una sera che non riuscivo a dormire, tutto era statico ma sentivo che dovevo fare qualcosa
Ecco, rimaniamo su questo punto per andare più a fondo con il tuo rapporto con la scrittura. Quando capisci che è il momento di scrivere? Sei una persona metodica, che ogni giorno si cimenta con la scrittura, o credi piuttosto all’attimo d’ispirazione (che capita quando capita)?
Negli anni ho sviluppato un’abitudine a scrivere ma non mi forzo, non penso mai “ecco ora vado alla chitarra perché devo scrivere una canzone”, credo che nel momento in cui c’è un’ispirazione deve esserci anche un metodo definito ma soprattutto credo che deve essere un piacere.
Se ti chiedessero: “perché fai musica?”, cosa risponderesti? Così, di getto.
Faccio musica perché sono io.
Domande di rito, alle quali non possiamo sottrarci: associa il tuo singolo d’esordio ad un drink e spiegaci il perché di tale associazione!
Non so perché ma la prima cosa che mi è venuta in mente è un quattro bianchi, un drink che se lo guardi sembra acqua ma che potrebbe ucciderti.
Il primo concerto al quale sei andata alla fine del lockdown (maggio 2020) e il prossimo al quale parteciperai.
Il primo concerto dopo il lockdown è stato un concerto di Francesca Michielin. Il prossimo a cui parteciperò è Clairo a Milano questa estate!
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