Montegro: “Tornare a pubblicare musica è sempre bello”

Montegro è Daniele Paolucci. Si tratta di un giovane artista che ha fatto del suo percorso dalla provincia a Roma. Un percorso di vita e di storie da raccontare, mosso da due grandi passioni: la chitarra e i cantautori.

Montegro intervista

Daniele Paolucci, in arte Montegro: come stai, all’alba di questo ritorno discografico, e cosa ti manca, ad oggi, per pubblicare finalmente (dopo tanti singoli) il tuo disco d’esordio.

Tornare a pubblicare musica è sempre bello quindi sono senza dubbio con un buon umore, per quanto riguarda il disco sono in dirittura d’arrivo, presto arriverà anche il suo momento, è lì pronto che aspetta.

Ecco, siamo entrati subito “in media res”: oggi, gli artisti emergenti tendono a privilegiare più la via della pubblicazione del singolo che di quella dell’album. Secondo te perché? Forse si ha la paura che il pubblico non sia più “pronto” per un discorso più “lungo” di quello praticato da una canzone in tre minuti?

Si, credo che sia strettamente legato al modo in cui la musica oggi viene ascoltata e consumata, i brani hanno la vita media di una settimana e l’attenzione per un artista (emergente) è sicuramente molto bassa in confronto al numero di brani che vengono pubblicati giornalmente, il singolo è più immediato, però rimango del parere che un disco sia fondamentale per legare e racchiudere un percorso fatto di canzoni.

Rimaniamo sull’argomento “discografico”, con te mi piacerebbe parlare anche di questo: a caldo, cosa ne pensi del fenomeno “playlist”? Editoriali e non. A volte viene il dubbio che sia solo un grande “magnamagna”…

Onestamente credo che con tutti questi fenomeni social e streaming la musica passi davvero in secondo se non ultimo piano, le playlist editoriali sono sicuramente un modo per far crescere numeri (elemento che ormai sembra valere più di qualsiasi cosa, purtroppo) ma non sempre sono sinonimo di vita reale o qualità musicale.

Tu, i tuoi ascoltatori te li sei guadagnati con una fitta rete di pubblicazioni discografiche, accompagnate da un’importante attività live e in studio. Ma hai lavorato anche con Max Gazzé? Ci devi raccontare…

Si, io vivo la musica in modo molto concreto, fatto di canzoni dal vivo, scambi e confronti con persone. L’esperienza con Max è sicuramente una delle cose più belle fatte in questi anni, ho scritto un brano per il suo ultimo disco, per me Gazzè rappresenta una delle infuenze maggiori nel corso della mia crescita musicale, lavorare e suonare con lui è stato un grandissimo traguardo personale.

“Quello che non ti ho mai detto”: sembra quasi che i King of Convenience abbiano preso per mano la scena romana, o viceversa, tirandone fuori gli elementi più folk ed acustici. Eppure, il taglio del brano rimane quasi da “hit-parade”: quali sono i riferimenti principali della tua scrittura?

Per quanto riguarda la scrittura sono cresciuto con il mondo del cantautorato, specie romano (Califano/Silvestri ecc..) quindi molto di quello che scrivo viene proprio da lì, il taglio rimane acustico anche avendo dei suoni elettronici, perché è comunque un mondo importante che mi appartiene.

Rimaniamo su questo punto: dacci una tua definizione di “pop”.

Dal punto di vista musicale faccio molta fatica ad etichettare generi, però sicuramente per pop al giorno d’oggi si intende un calderone gigantesco che contiene qualsiasi cosa, dalla trap al cantautorato, quindi vedo strettamente legati pop e mainstream.

Andiamo alle domande di rito: associa il tuo ultimo singolo ad un cocktail, e dicci il perché della scelta.

Senza dubbio gin tonic, amaro, nostalgico, per farsi del male senza mischiare troppe robe che rimpiangi il giorno dopo.

Il primo concerto a cui hai assistito alla fine del lockdown e il prossimo al quale assisterai!

Ho assistito al concerto di Fabi, tra i tanti che ascolterò dal vivo c’è sicuramente Cigarettes After Sex.

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