Fuori dal 16 settembre 2022 “Mi hanno detto che”, il primo singolo di Argo. Il brano rappresenta una frattura di un equilibrio fittizio che l’artista si era creato in successione ad alcune difficoltà personali che affronta nel testo.
Argo intervista
Quali sono sono tre dischi che a tuo parere sono stati fondamentali per la tua formazione musicale? E per quale motivo?
I tre dischi fondamentali per la mia formazione musicale sono stati senz’altro “Ingresso libero” di Rino Gaetano, “Colpa d’Alfredo” di Vasco Rossi e “Exodus” di Bob Marley.
Rino gaetano è il “corpo” nella mia musica, mi ha sempre influenzato nei temi che affronto e nella concretezza delle immagini che voglio descrivere e “Ingresso libero” è il disco che più di tutti mi ha portato a pensare di scrivere qualcosa di mio.
Vasco Rossi è “l’anima”, la sua emotività impulsiva mi ha aiutato moltissimo ad apprezzare e capire l’importanza della sensazione, come quella che mi arriva ogni volta che ascolto “Colpa d’alfredo”.
Bob Marley è la vibrazione, l’energia, tutto ciò che non si riesce a spiegare, quindi ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale l’ascolto di “Exodus” che mi ha sempre trasportato in altri posti, anche se lo ascoltavo sugli autobus.
Ansia e depressione sono due temi fondamentali del tuo nuovo singolo “Mi hanno detto che”, come mai ti sono tanto cari?
L’ansia e la depressione sono temi chiave di “Mi hanno detto che” e per me hanno un peso molto importante. Ho sofferto per quasi due anni di depressione maggiore ed ansia generalizzata con attacchi di panico e so per certo che senza quel tipo di difficoltà non sarei la persona che sono oggi. Mi amo e mi odio, ho ancora i miei alti e bassi come molte persone, ma ringrazio la mia ansia e il percorso che mi ha imposto, mi ha insegnato moltissime cose su di me.
C’è ancora uno stigma su temi del genere, nella scena musicale?
Nella scena musicale ho notato una stigmatizzazione sempre meno marcata su temi legati alle psicopatologie e l’emotività umana, forse perchè sono una specie di “carburante artistico” che spinge molti professionisti a partorire bei progetti, non avrebbe senso attribuire un’accezione negativa a queste cose. Inoltre non ha senso in generale, non conosco nessuno che si sia mai vergognato o sentito discrimanto per un mal di testa o un dito rotto. Problemi come ansia o altri disturbi equivalgono a qualsiasi altra condizione di salute perché NON si scelgono e si curano, quindi sarebbe bello se questi argomenti venissero trattati con la giusta informazione e sensibilità anche al di fuori della scena musicale.
Non hai mai paura di esporti troppo nei tuoi testi?
Non ho paura di espormi troppo nei testi. Considero la scrittura dei testi come una sorta di confessione. Se un testo mi convince non mi chiedo se può risultare “troppo personale”, al contrario mi mettono molti più dubbi i testi meno espliciti.
Ultima domanda: se fossi un cocktail quale saresti, e perché?
Se fossi un cocktail quale sarei? Probabilmente un Long Island perchè è buonissimo, ma basta un briciolo di distrazione per renderlo spiacevole, ha una storia molto interessante e ti fa passare delle belle serate.
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