Fuori dal 7 ottobre il nuovo album del cantautore romano ma milanese di adozione Luca Gemma. “Fantastiche visioni” esce su tutti gli store digitali per Adesiva Discografica e si compone di 10 tracce. Atmosfere crepuscolari, alternative pop che si nutre di canzone d’autore e influenze internazionali. Benvenuti nel mondo sbilenco e visionario di Luca Gemma che non tarderete a riconoscere e ad accogliere.
E noi non ce lo siamo lasciati sfuggire.
Luca Gemma intervista
Quali sono tre dischi che sono stati fondamentali per la tua formazione musicale, e per quale motivo?
“Burattino senza fili” di Edoardo Bennato è stato il primo album che ho comprato da ragazzino, nonché il motivo per cui ho iniziato a scrivere canzoni e chiesto ai miei una chitarra a dodici corde. Poi per fortuna verso i vent’anni ho recuperato dal passato cose che avevo ignorato fino a quel momento e tra i miei preferiti di sempre sono entrati in scena Rolling Stones e Beatles, con “Sticky Fingers” e il cosiddetto “Album Bianco”, che tuttora sono dischi-bibbia che non smetto di ascoltare .
Fantastiche Visioni arriva in un momento dove il cantautorato rock sembra aver trovato un nuovo spazio, tra Ministri e il ritorno dei Verdena. Segui queste realtà o sei in qualche modo un outsider a questa scena musicale che resiste nonostante tutto?
Seguo quello che succede nella scena alternativa italiana, tra cantautori e band, e molte cose mi piacciono, ma nell’ascolto non mi pongo limiti di genere musicale o geografici.
Questo disco è nato durante la pandemia? Sei riuscito a scrivere durante quel periodo o sei rimasto bloccato?
Sono riuscito a lavorare in casa sui provini dei pezzi che avevo cominciato a scrivere e registrare dal 2018. Nel 2020 ho realizzato e pubblicato due brani, uno subito prima della pandemia, “Prima di parlare” con Volwo e Edda, e uno durante la prima fase, “Elettro domestico”, in cui ho fatto cantare i miei due figli. Poi, non potendo più uscire di casa, sono andato avanti a lavorare sulle canzoni nuove fino a completare il disco, che in fin dei conti mi ha salvato dalla pandemia e dalla clausura.
Hai collaborato e incrociato diversi artisti nel tuo lungo percorso musicale. C’è qualcuno in particolare di cui vuoi raccontarci?
Ho una grande ammirazione per Mauro Pagani sia dal punto di vista umano che per la sua storia musicale, che ha appena raccontato in una bellissima autobiografia. Con i Rosso Maltese abbiamo inaugurato il suo studio, le Officine Meccaniche, che Paolo Iafelice, fonico e produttore, aveva allestito con Mauro. Abbiamo registrato lì il nostro secondo album, “Mosche libere”, e nell’occasione mi diede una bella lezione di canto in studio, producendo un brano che ancora mi piace molto, “Creazione e contestazione”.
Come mai neanche un feat. qui dentro il tuo nuovo album?
A un certo punto me lo sono chiesto anch’io, ma è andata così. I pezzi procedevano e c’era sempre meno spazio per interventi strumentali di altri. Verso la fine del lavoro avevo in mente delle voci su alcuni brani, ma non ne sono mai stato convinto fino in fondo e allora ho pensato che se il disco era nato così, totalmente suonato da me, non per megalomania, ma per pandemia, era giusto lasciarlo così.
Se fossi un drink quale saresti, e perché?
Io vorrei essere il genio che ha inventato il Campari a metà dell’Ottocento, il signor Gaspare Campari.
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