Prison Tour, nuovi pezzi in cantiere e contatti con realtà musicali emergenti del territorio: gli Hotel Monroe si raccontano, condividendo obiettivi e difficoltà dell’essere parte di una band, scelta tanto difficile quanto rivoluzionaria
Hotel Monroe
Hotel Monroe nasce ufficialmente nel 2016, come evoluzione di un progetto che aveva avuto origine nel 2005. Nicola Pellinghelli, synth e programmer del quintetto parmense, racconta: “Pensandoci, la noia ha il merito e la colpa di averci dato l’idea di suonare, ed eccoci qui. Siamo tutti vicini di casa, abitiamo lungo lo stesso rettilineo di venti metri di strada, in un paese che d’inverno forse conta 20 abitanti. Per combattere il nulla da fare che d’inverno è legge, abbiamo deciso di cominciare a suonare. Io ho comprato una batteria e Marco [Barili] ha cominciato a suonare, io suonavo già il piano, poi gli altri hanno scelto il loro strumento ed eccoci qui.”
La storia
Suoni Alternative Rock, ispirazioni anglosassoni e un amore per la musica italiana a 360 gradi, gli Hotel Monroe della prima ora si cimentano con alcune cover, Negrita e altri, fino a sentire il bisogno di scrivere e creare pezzi propri: “dal 2013 Hotel Monroe nasce informalmente, ancora senza questo nome, che prenderemo poi tre anni dopo. Volevamo un progetto di inediti per creare brani nostri, in italiano.”
Alla domanda sul significato di Hotel Monroe, Nicola spiega: “Hotel Monroe vuole essere un luogo ideale, ed è nato da un gioco.” Senza rivelare di più su come sia nato, spiega solo che questo hotel che battezza il gruppo è un palazzo immaginario, un richiamo al celebre Hotel degli Eagles, ma anche qualcosa di più personale: “Un luogo dove la gente incontrandosi costruisce qualcosa. Nel nostro caso sono canzoni, ma non solo: ci divertiamo anche con le grafiche, ci divertiamo scrivendo storie. Insomma facciamo tante cose in questo luogo ideale.”
Gli Hotel Monroe sono partiti con concerti intorno a casa, poi allargandosi sempre di più in provincia e in regione, fino a misurarsi con date in tutta Italia: “Essendo un gruppo ospite di Rock Targato Italia, ufficio stampa di Milano, il nostro primo EP l’abbiamo portato fino a Roma, riuscendo a girare parecchio. Una cosa per niente semplice per una band emergente, senza booking o altro e con solo musica propria.”
L’idea del Prison Tour
L’idea che ha cambiato le sorti degli Hotel Monroe è arrivata però proprio dal quel paesino piccolo dove gli HM sono nati, grazie all’ascolto del loro primo album “Corpi Fragili” (2019) da parte di un compaesano: “Ti dicevo prima che viviamo in questo paesino semideserto, ma nella ventina di abitanti c’è anche la persona che ci ha dato l’idea del Prison Tour. Ha letto il titolo dell’album e lo ha subito collegato alla propria esperienza: lavorando in carcere, per lui Corpi Fragili era un’immagine evidente, inequivocabile. Lui si è inventato il Prison Tour. “Dai, venite a suonare il vostro Corpi Fragili, può dire tante cose”, ci ha detto. Allora siamo partiti da Parma, un po’ per provare, non del tutto convinti.”
Una richiesta che è stata accettata come sfida, nella consapevolezza del significato più profondo della scelta. Sicuramente le componenti di emozione ed ansia che si provano prima di un live si amplificano quando ad ospitare la band è una location così particolare ed inusuale per la musica dal vivo: “Sono concerti incredibili, tutti sempre sold out” – ride Nicola – “scherzi a parte, sono davvero qualcosa di inspiegabile. I detenuti sono liberi di scegliere se partecipare o meno, e anche questo non è scontato per chi vive la mancanza di libertà come quotidianità.”
“Ovviamente non tutte le sezioni possono partecipare, ma finora abbiamo sempre riempito tutti i posti prenotabili.” – continua Nicola – “La musica trasforma quel luogo, diventa una festa, c’è un casino incredibile. Un ambiente cupo, scuro, mediamente brutto, cambia completamente. Anche per noi che ci suoniamo cambia ogni volta, una sfida che torna nuova ad ogni nuova data. Andare in un luogo dove non si fa musica proprio con l’obiettivo di fare quello, e farlo insieme. È una bomba.”
Ma l’intensità di queste esperienze non si limita alla sola performance live: “Ci permette tutte le volte anche di rifocalizzare il perché lo facciamo: tutti noi viviamo di altro, ma consideriamo e gestiamo il progetto che abbiamo in comune proprio come se fosse un lavoro. Non tutti vivono la musica nello stesso modo, con la stessa velocità, ed è una cosa sacrosanta da rispettare perché siamo una band.
Proprio perchè gruppo, occorre procedere lentamente nella direzione che si è scelta, rimettendo in discussione ogni punto, volta per volta, come fosse la prima. “Quello che conta è ciò che si porta come band, non quello che posso portare io come singolo o gli altri da soli. Non c’è chi vale di più meno, ognuno ha il proprio ruolo e il proprio spazio, si deve procedere allineati, rispettando i tempi di tutti. Anche per i live vale la stessa cosa: ogni data che arriva è come se fosse la prima, ci mettiamo in gioco, ci azzeriamo. A noi questo luogo in particolare ha fatto molto bene, perchè ci ha forzatamente posto davanti alla necessità di ridimensionarci.”
Una band è rivoluzione
Ogni musicista che ha fatto esperienza di band è in grado di comprendere senza difficoltà quanto detto da Nicola, perché laddove c’è da combinare passioni, tempo, preferenze, c’è da applicare la regola d’oro del compromesso: “È un compromesso continuo proprio perché è una cosa difficile, quasi impossibile da fare. Negli ultimi anni è raro trovare band italiane, perché è complicato. L’idea di dover considerare di fare un passo indietro, di collaborare, di mettere le necessità altrui davanti alle proprie. Siamo immersi in una cultura dove sembra impossibile l’idea di avere una band, e riuscire è una cosa rivoluzionaria. Nel nostro caso specifico, noi eravamo amici da prima, e la band è nata di conseguenza. E siamo ancora noi, abbiamo sempre lavorato tutti su tutto. Adesso lavoriamo un pochino più divisi a ruoli, ma più o meno il risultato è lo stesso.”
Il contatto con il collettivo Revol Wave Orchestra, nato a Modena e vicino di casa degli Hotel Monroe, è un ulteriore segnale di quanto la band sia sensibile a queste opportunità collettive di incontro e scambio con altri musicisti: “Abbiamo conosciuto la Revol tramite un mio conoscente giornalista, e siamo attenti a queste realtà che danno spazio alla musica emergente piuttosto che modi di fare arte che non sono necessariamente mainstream. È un gruppo reale, fatto di persone che offrono riscontri e confronto, che è quello che conta davvero, più dei numeri di followers e ascolti.”
I concerti nelle carceri sono continuo sprone per migliorare: “Ci rimettiamo in discussione e ci portiamo a casa qualcosa di complicato, da sviscerare ed analizzare con calma, tanto potente quanto difficile da raccontare. Noi ci abbiamo scritto una canzone.” Un nodo di emozioni ed esperienze è più facile da raccontare in musica, anche se dargli forma con delle parole resta una bella sfida ogni volta.
Aspettando il blu
Aspettando il blu è il loro ultimo singolo e accompagna questo tour delle prigioni. “Ha inaspettatamente fatto il nostro record assoluto a livello di ascolti, una sorpresa, perché l’abbiamo fatto in casa, con il cellulare, senza spendere niente nemmeno per sponsorizzare. è stato però una conferma, di come effettivamente quello che conta sia il contenuto: c’era un’esperienza forte dietro, un argomento bello potente, che abbiamo portato dai nostri concerti in carcere. Ad un certo punto le persone rispondono: non si deve solo puntare a fornire qualcosa che piaccia nel breve periodo, ma qualcosa con della sostanza. Cerchiamo di puntare a quello.”
Aspettando il Blu ha un legame molto stretto con i brani precedenti, e con il primo album “Corpi Fragili” (2019): “Nasce proprio dall’incontro con i detenuti. C’è stato uno scambio di scritti, persino una condivisione di musica quando qualcuno, durante il live, sale sul palco e suona o canta qualcosa. Aspettando il blu è nata così, una metafora che abbiamo espresso con una lettera di un detenuto alla figlia. Il blu è il cielo che lui vede dalla finestra ma anche gli occhi della ragazza, una preghiera duplice di uscire, di tornare a vivere. E’ una storia come ne abbiamo sentite tante. Il finale è volutamente lasciato aperto, non sappiamo come finirà. Non una canzone spensierata” – ride Nicola – “ma ci stiamo lavorando.”
Progetti futuri
Gli Hotel Monroe stanno lavorando anche su un altro progetto, che vedrà la luce a breve: “Durante la pandemia abbiamo costruito una sala prove in casa piuttosto grande, e abbiamo pensato di sfruttarla anche come location per dei concerti. Così è nata l’idea di fare concerti in casa, su invito. Il tutto verrà ripreso e registrato e andrà a costituire una playlist su Youtube. Lo facciamo per dare la possibilità alle persone di dare una sbirciatina a cosa succede in sala, a come funziona. Ci è sembrata una bella idea.”
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