E’ uscito venerdì 24 febbraio 2023 il nuovo singolo del progetto solista di Niccolò De Santis. Il brano, dal titolo “Grazie”, in distribuzione Artist First, è un brano che nasce dal risentimento, uno scontro interiore che ritrova però una risoluzione, dove scontro e gratitudine possono diventare la stessa cosa. De Santis, nuova voce nella scena underground di Milano, ci accoglie con un brano intimo e con la parola più semplice e potente del mondo: grazie.
Lo abbiamo intervistato, iniziando come sempre dai suoi tre dischi fondamentali. Ecco com’è andata.
Niccolò De Santis intervista
Quali sono tre dischi che a tuo parere sono stati fondamentali per la tua formazione musicale? E perchè?
“Michael Bublè meets Madison Square Garden”. Michael Bublé ha influenzato molto il mio stile canoro e guidato il lavoro sul mio timbro, forse è stato il primo artista che mi ha introdotto al mondo del jazz, essendo l’erede diretto dei grandi crooners come Frank Sinatra, Tony Bennett e Mel Tormé solo per citarne alcuni.
“Escapology” di Robbie Williams. E’ un disco meraviglioso, Robbie Williams è all’apogeo in questo album! Quando lo ascolti hai l’impressione di parlare con una persona che si apre completamente, il fraseggio e l’interpretazione sono straordinari. Mi ha insegnato il coraggio della vulnerabilità. Inoltre mi rispecchio molto in una frase del singolo di punta dell’album, cioè “Feel”:
I just wanna feel
Real love, fill the home that I live in
‘Cause I got too much life
Running through my veins
Going to waste
“Alla mia età” di Tiziano Ferro. Potenza vocale, interpretazione, contenuto, tecnica ed emozione si fondono in un equilibrio perfetto in questo disco. L’ho davvero consumato. Tiziano Ferro è un artista al quale devo molto.
Vorrei citare anche altri artisti ai quali mi ispiro, ossia Sting, David Bowie, George Benson e Bruce Springsteen.
Perché hai deciso di scrivere un brano dal titolo “Grazie”? Chi volevi ringraziare? E soprattutto, il brano è arrivato alla persona giusta?
Sono una persona molto riconoscente di mio. Credo nel bene, anche in quello ben nascosto. A volte questa fiducia è talmente grande da sembrare ingenuità, ma la mia è una scelta consapevole, non sono una barca trascinata dagli eventi. Con questa canzone voglio ringraziare tutte quelle persone più grandi di me che contribuiscono alla mia crescita personale, anche se lo fanno in maniera apparentemente rude. Io lo chiamo “metodo Malpelo”. Sì, il brano ha raggiunto i destinatari.
Cosa ti ha lasciato Milano? È ancora facile fare musica in questa città? Quali luoghi pensi siano i più rappresentativi di questa scena?
Milano mi ha innanzitutto dato un posto in cui nascere, può sembrare scontato ma non lo è, ho già detto che sono molto riconoscente. Come tutte le città ricche di storie e di fermento culturale, è una città che accende curiosità e voglia di scoprire. Crea opportunità di lavoro e di crescita, infatti ogni sera si esibiscono tanti musicisti che hanno sempre qualcosa da insegnare. Non è sempre facile suonare a Milano perché c’è tanta concorrenza e perché a volte le condizioni proposte a noi musicisti sono ingiuste e spetta a noi farci rispettare, per non alimentare un sistema sbagliato. Tra quelli che conosco penso che i luoghi più rappresentativi siano il Forum d’Assago, San Siro, l’Alcatraz, l’Ippodromo, il Blue Note, il MEMO, lo Spirit de Milan e via discorrendo.
Come ti sei avvicinato alla musica, e quando hai capito sarebbe sempre stata sempre parte della tua vita?
Mi sono avvicinato alla musica in occasione di un concorso canoro locale. Ho capito di avere delle capacità che ho deciso di coltivare. Ho capito che la musica sarebbe stata sempre parte della mia vita nel momento in cui ho incominciato a sceglierla e a fare dei sacrifici per lei, in termini di tempo e anche di denaro. E’ necessaria per me per esprimermi completamente: dove non arrivano le parole, lì arriva la musica. Questa limitatezza delle parole a volte genera incomunicabilità e allora preferisco restare in silenzio e mi sento molto solo. Ma quando prendo in mano un microfono con poche note ti dico tutto e mi sento a mio agio, mi sento libero, mi sento pienamente me stesso.
Ultima domanda: se fossi un drink quale saresti, e perchè?
In effetti tutte queste parole mi hanno fatto venire sete! Ti direi il White russian, perché non sempre hanno la panna al bancone e perciò è un drink che si fa desiderare e a me piace essere cercato e desiderato.
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