ZeBeat: “Sono riuscito a tirare fuori la mia parte più sensibile”

ZeBeat è un ragazzo di 30 anni che unisce la passione per la musica a quella per la produzione. Il risultato sono una serie di brani lo-fi che lasciano senza fiato, ma andiamo a conoscere un po’ meglio l’artista.

ZeBeat

ZeBeat intervista

Ciao ZeBeat! Ti andrebbe di iniziare dal tuo percorso artistico? Chi è ZeBeat e come descriveresti te stesso ai tuoi ascoltatori?

Ciao, il mio non è un vero e proprio percorso artistico e credo che la parola “artista” sia ancora un po’ troppo per me. Ho sempre amato la musica e negli anni ho suonato le tastiere e i sintetizzatori in diverse band, ma l’ho sempre fatto per puro divertimento.

ZeBeat è un ragazzo normale, con una vita e un lavoro normale, che ama la musica, i videogiochi e la cultura giapponese. Allo stesso tempo, però, vive il sogno che la sua musica possa essere ascoltata anche al fuori della sua piccola stanzetta. Affermi di essere un rocker nella vita, come mai la tua prima produzione è LoFi e quali sono le tue reference?

Sì, è vero, mio padre mi ha cresciuto a pane e Ozzy Osbourne, infatti ascolto prevalentemente rock, metal e i relativi sottogeneri con un occhio di riguardo alle band che prediligono suoni elettronici.
L’idea di fare musica LoFi mi intimoriva per i suoi fondamenti jazz, mi sono avvicinato grazie all’incoraggiamento del mio maestro-amico Donato Maiuri e ho scoperto che questo genere mi avrebbe permesso di esprimere la mia anima più sensibile e nascosta.
Da questo punto di vista, mi ispiro al chitarrista giapponese Ichika Nito, che mi fa letteralmente impazzire con il suo stile chill e il suo suono di chitarra clean, che trovo unico.

Quanto c’è di te in questa produzione? Quali sono i suoni da cui ti senti maggiormente rappresentato?

Questa produzione sono totalmente io, sono riuscito a tirare fuori la mia parte più sensibile. La produzione, infatti, è avvenuta in maniera molto naturale, ho solo dovuto trovare la chiave per aprirmi.
Dato che sono un tastierista, sono affetto da quello che io chiamo il “dilemma del tastierista”, cioè vorrei saper suonare tutti gli strumenti, quindi per me è impossibile trovare un singolo suono che mi rappresenti perché mi sento rappresentato da tutti quelli che sono all’interno di questa produzione.

Se potessi scegliere un qualsiasi artista, italiano e non, a cui produrre un brano chi sceglieresti e perché?

Se si potesse riportare in vita qualcuno dall’aldilà, mi piacerebbe produrre Chester Bennigton, un artista tanto potente quanto sensibile perché io vorrei che anche la mia musica fosse così: potente, sensibile e comunicativa.
In Italia, sarebbe interessante produrre Diodato, tarantino come me, lontano dal mio genere ma dalla voce e dallo stile affascinanti.

In conclusione, qual è il brano o l’album che ti ha più segnato?

Il brano che ha segnato la mia adolescenza è “Breaking the habit” dei Linkin Park, contenuto nell’album “Meteora”: un pezzo denso di significato, duro ma allo stesso tempo struggente e dalle sonorità fuori dal comune.
 

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