È uscito venerdì 26 gennaio 2024 il nuovo singolo di GODOT. dal titolo “Granelli”. Un nuovo brano dedicato agli ultimi romantici in ascolto.
Oggi GODOT. è pronto ad immergersi in un nuovo capitolo della sua vita, desideroso di raccontare e raccontarsi. Per chi vorrà ascoltare, per chi vorrà cercarsi e riconoscersi. Perché in fondo, siamo tutti e tutte anime in cerca di complici.
Noi come spesso accade siamo partiti proprio dai suoi tre dischi fondamentali, e da qui abbiamo avuto il piacere di sentire i racconti di presente e futuro di questo cantautore che, ne siamo sicuri, apprezzerete tantissimo.
Godot.
Quali sono tre dischi che a tuo parere sono stati fondamentali per la tua formazione musicale? E per quale motivo?
Domanda difficile.
Sicuramente Rimmel di De Gregori (1975) che è senza ombra di dubbio il mio artista preferito. Lo sento da sempre, tra i viaggi in macchina verso il mare con mamma e papà o, semplicemente, le domeniche in salotto. Ma ho imparato a conoscerlo solo da adolescente.
Questo album mi ha stregato per la sua poetica così magistralmente espressa e mi ha forse segnato nelle modalità narrative.
Poi c’è Il mio canto libero di Battisti (1972), un album che ho conosciuto inizialmente sotto forma di vinile. Era lì, a casa, e passavo giornate intere ad ascoltarmelo. La mia canzone preferita del disco era, ed è, Io vorre…non vorrei…ma se vuoi…
Mi fa sempre venire voglia di cantare.
In ultimo, anche se è stata davvero tosta scegliere, penso di voler mettere il disco che stavo letteralmente consumando ai tempi in cui cominciavo a costruire il mio progetto musicale: Manuale DIstruzione di Levante (2014). Mi ha dato molto, mi ha fatto credere di poter fare qualcosa anche io. Poter dire la mia.
Di cosa parla il tuo nuovo singolo “Granelli” e quale metafora porta avanti il titolo? E a che periodo risale questo pezzo?
Il pezzo nasce nel marzo 2020. Eravamo chiusi a casa, tutti e tutte. Ho avuto molto tempo per dedicarmi alla scrittura. Buona parte di quello che poi sarà l’album è nato in quei mesi.
Il titolo rimanda all’idea di qualcosa di piccolo, apparentemente impercettibile. Eppure c’è. Non c’è un unico modo per rendersene conto: magari serve mettersi in controluce, magari serve avvicinarsi un po’. Oppure, semplicemente, lasciarsi avvicinare. I Granelli di cui canto possono anche essere tutte quelle persone che, piccole piccole, lavorano instancabili per realizzare qualcosa. Un sogno. In un mondo che corre tanto veloce è facile pensare che siano dei perdigiorno, degli illusi…ma basterebbe guardare un po’ meglio!
Ti senti ancora come quando è nato questo brano?
Mi sento più consapevole e maturo rispetto a quando è nata Granelli. Sono pur sempre passati quattro anni. Ma alcune mie dinamiche – ed alcune dinamiche sociali – sono sempre quelle che mi hanno portato alla scrittura di questo brano.
Forse sono un filo meno idealista. Ma non abbastanza per abbandonare la musica, ad esempio!
E come pensi sia cambiata la scena musicale da quando hai iniziato?
Ho iniziato a scrivere canzoni quando la parola indie non credo nemmeno fosse mai stata utilizzata in Italia, ma ho cominciato ad andare in studio a registrare i miei brani quando esplodevano i TheGiornalisti.
È stato tutto molto veloce ma, sinceramente, non ho visto un vero cambiamento, di quelli profondi. Ho visto piuttosto un’evoluzione: il pop, l’indie…faccio fatica a distinguerli. Credo siano semplicemente due facce della stessa medaglia. Oggi ascolto la radio e ascolto pop travestito da indie e indie estremamente pop.
Non amo le etichette ma amo le belle penne. Amo chi scrive e sicuramente sulla scena musicale oggi ci sono alcune penne davvero davvero belle.
Fatico un po’ a digerire invece la grande esplosione della musica trap. Non perché sia lontanissima dal mio genere, quanto piuttosto perché ci trovo un po’ di tendenza a ripetersi: i testi ruotano sempre intorno a quei due o tre temi (anche nel pop, certo), ma non mi sembra di riconoscere che la lettura di questi temi cambi molto da un artista a un altro. Ovviamente poi anche lì ci sono alcuni fuoriclasse, anche tra i più giovani.
Ultima domanda: se fossi un drink (anche rigorosamente analcolico, ovviamente), quale saresti e per quale motivo?
Sono astemio. Astemissimo proprio. E manco vado tanto a nozze con gli analcolici: sempre un po’ troppo dolci per i miei gusti. Quindi andrò di quella che è a tutti gli effetti la mia bevanda preferita e – dopo l’acqua (rigorosamente naturale) – quella che consumo maggiormente: il latte d’avena.
Mi piace da impazzire. E siccome lo trovo davvero buono, penso allora vorrei essere una bella tazza di latte d’avena. Che così anche se sei intollerante, lo puoi mandar giù tranquillamente. E poi ha un colore così invitante!
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