Janis Joplin è la prima protagonista di Rock Travel, una rubrica che percorre le vite e le carriere dei più leggendari musicisti rock. Quella di Janis Joplin è stata una vita eccessi e passioni ma anche di dubbi e insicurezze che hanno portato alla fine della sua carriera e non solo.
Ci amiamo abbastanza? E chi può insegnarci ad amare? “La musica”, probabilmente avrebbe risposto così la regina del blues degli anni ’60; quella ragazzina con l’acne, che trova rifugio tra le note di uno spartito e urla con forza le sue emozioni alla grande folla.
Sul palco faccio l’amore con 25.000 persone, poi torno a casa sola.
Janis Lyn Joplin, nasce il 19 gennaio 1943 a Port Arthur. Ribelle fin dall’infanzia, definisce la sua città natale una prigione, ragazzina emarginata, si rifugia inizialmente nei libri e poi nelle voci delle regine del blues come Big Mama Thorton o Bessie Smith, la signora del blues nota tanto per il suo talento quanto per il boccale colmo di gin che accompagna i suoi concerti come uno degli strumenti principali.
Janis Joplin, figlia di conservatori, fin da piccola non rispetta per niente l’immagine della ragazzina dalle buone maniere che ogni madre vorrebbe avere; lei spinta dal bisogno di piacere a tutti, esplode in una ribellione incontrollata che sfocia sul Rainbow Bridge insieme ad una buona dose di alcool e sesso dando vita alla beatnik di Port Arthur, ed è anche lì che scopre le sue doti canore.
Cosa c’è dietro al successo di Janis Joplin?
“Una donna vestita da barbona ma con un grande intelletto” Chet Helms
La musica di Janis riflette le sue insicurezze, le sue paure, ma anche le sue speranze. Una voce rotta ma potente e carica di emozione che si fa subito notare nel boom psichedelico della San Francisco degli anni ‘60.
Nel 1963 Janis incontra Chet, che scopre presto il suo talento musicale e la fa esibire al Coffee & Confusion dove guadagnerà i suoi primi successi anche monetari, Chet fu da subito il suo compagno di viaggio, un viaggio che non dimenticheremo mai grazie alle note della straordinaria “Me and Bobby McGee”.
L’ambiente liberale e rivoluzionario di San Francisco le offrì l’opportunità di sperimentare, di lanciarsi in un mondo a lei sconosciuto ma che probabilmente coltivava nel suo cuore da tempo, l’evasione, la voglia di gridare – Oh, come on, come on, come on, come on! – e regalare al pubblico “Piece of My Heart” pezzo icona nato dall’incontro con la Big Brother and the Holding Company, la band con cui avrebbe raggiunto il successo internazionale.
Portavoce della nuova generazione
Presto divenne simbolo della rivoluzione culturale e sociale degli anni ’60, portavoce della nuova generazione alla ricerca di una voce che esprimesse la voglia di libertà e cambiamento, la timida ragazzina era oramai diventata un’artista di successo con un lato osceno e sconsiderato e un lato fatto di insicurezza e di battaglie, quelle con i suoi demoni interiori, con se stessa.
Famosa, ricercata dai produttori e acclamata dalla folla ma avvolta nella paura di perdere la popolarità e l’abbraccio orgasmico del pubblico, dichiara:
“Io vivo per i concerti. È l’unico momento in cui mi sento veramente viva
Tutti nella vita abbiam sognato di diventare delle rockstar, lei ce l’aveva fatta, Janis era una regina oramai ma la battaglia con il suo fragile io ancora non era vinta. Gli anni di Pearl la segnarono come l’artista dalle piume tra i capelli, la ribelle tutta sesso droga e Rock’n Roll ma Janis non era solo questo.
Una voce che vive ancora
Aveva più volte espresso il desiderio di ritirarsi dalle scene. Il 4 ottobre 1970, all’età di 27 anni, Janis muore in una stanza d’albergo, con la faccia sul pavimento a causa di una dose sbagliata di eroina e porta via con sé la fragilità di una bambina che in un mondo sbagliato si veste di audacia e come una stravagante guerriera, riesce a liberarsi e a diventare una delle voci più influenti della sua generazione.
Nonostante le sfide e gli ostacoli, è possibile trovare la propria voce e cambiare il mondo, ma fino a che punto siamo pronti a spingerci?
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