Epoca22: “Mi piace avere un progetto indipendente”

É uscito venerdì 12 aprile 2024 su tutte le piattaforme digitali il nuovo singolo di Epoca22, in distribuzione Altafonte.

Un nuovo capitolo per lo stratificato progetto, che ci accompagnerà verso la pubblicazione di un nuovo album. Uno scorcio post moderno raccontato attraverso gli stilemi della new wave.

Noi abbiamo deciso di intervistare Gianluca, il leader del progetto, partendo proprio dalle sue influenze musicali.

epoca22

Epoca22 intervista

Quali sono tre dischi che a tuo parere sono stati fondamentali per il tuo percorso scolastico, e per quale motivo?

Non è mai facile rispondere a queste domande; tre album sono pochi. Mi butto e dico: Revolver dei Beatles per la scrittura, la ricerca delle melodie e gli arrangiamenti; Definitely Maybe degli Oasis per la capacità di Noel Gallagher di scrivere brani semplici ed efficaci, veri e propri bangers; per il muro di suono delle chitarre e l’attitudine sfrontata di questo primo disco; Unknown Pleasure dei Joy Division perché è stato come scoprire un nuovo modo di scrivere canzoni: bran senza ritornelli; dov’ è il mood a farla da padrone; in cui le parti ritmiche sono spesso e volentieri “meccaniche” come se fossero ingranaggi; e per la capacità di Ian Curtis di raccontare i mali della società attraverso la sua emotività

Esiste una scena musicale a Massa-Carrara? Chi ne fa parte? C’è qualche altra scena musicale, da qualche altra parte, a cui sei particolarmente legato e dove ti senti integrato?

Io non vivo a Carrara da tanto tempo; son uscito di casa a 18 anni; ho vissuto a Milano; a Genova e ora a Roma. Non c’è una scena musicale a Carrara, che io sappia. Sicuramente, non c’è una scena punk, o post punk o new wave. C’è qualche band; ognuno fa il suo, ma in maniera completamente scollegata. Abbiamo trovato, invece, una comunanza di idee e modo di fare con due band liguri. Sono la Società della Paralisi e i Seele Brennt. Entrambe fanno parte di un collettivo di Sestri Levante che si chiama No Panic. Con loro abbiamo diviso il palco a Genova al Trinità live club e il 3 maggio saranno nostri ospiti a Carrara al circolo dei Baccanali. Poi, ci sono altre band underground che fanno musica simile alla nostra; non mi pare ci sia una scena, ma stiamo lavorando per crearla.

Come nasce in genere un brano degli Epoca 22 e quando entrano in gioco gli altri componenti del progetto? Sei mai geloso delle tue idee?

Ne parlavo proprio l’altro giorno in terapia. Sono molto geloso del progetto Epoca22 . È come se fosse un prolungamento di me: non c’è solo la musica, ma la letteratura che leggo; un certo tipo d’iconografia che mi colpisce; valori politici e filosofici. Epoca22 è un microcosmo che ho creato inzuppandolo nella mia cultura personale. A volte fatico ad aprirmi alle contaminazioni che vengono dagli altri; un po’ perché ho un’idea ben chiara in testa e un po’ perché, quando mi fisso su un argomento, spacco in due il capello. Questo perfezionismo a volte è un “più”; a volte può essere controproducente. Sto lavorando su me stesso per trovare una via di mezzo.

Per quanto riguarda le canzoni. scrivere è un lavoro come un altro; c’è – per l’amor del cielo – quel giorno che il brano cade dal cielo, ma ce ne sono 364 fatti di tentativi e altrettanti fallimenti; ma questo porta a una maturazione nello scrivere. È questione di allenamento. Credo, poi, che scrivere una canzone sia come mettersi a nudo; bisogna essere pronti e avere il coraggio; non tutti sono disposti a farlo. Io scarto una sacco di miei brani perché non li sento abbastanza veri e coraggiosi. Quando mi sento a disagio nel cantare quello che canto, quella è la strada giusta. Per quanto riguarda il processo di scrittura, non ho un metodo. A volte vengono prima le parole e poi la musica. Mentre a volte è al contrario. Altre volte scrivo con la chitarra acustica e a volte su un beat che faccio su Ableton. Quello che vorrei fare in futuro è lavorare di più su i frammenti musicali, distorcendone la grammatica e magari trovare il riff portante di un brano da una linea di chitarra che aveva tutto altro senso all’inizio. Questo accade nel processo creativo di produzione; ancora prima della prima fase di mix.

E quali aspetti dell’avere un progetto musicale indipendente non capisci, oppure non ti piacere averci a che fare?

Mi piace avere un progetto indipendente; mi piace che sia DIY; così possiamo fare e scrivere quello che pare. La parte più difficile è arrivare alle persone, la soluzione è suonare dal vivo il più possibile nei contesti giusti. Certo è che è un lavoro immane e spesso ha poco ritorno sia in termini economici, che di gratificazione personale (che serve sempre). Purtroppo, il mercato musicale italiano è dominato da poche etichette e pochi produttori; girano sempre gli stessi nomi. Al netto di qualche collega talentuoso e talentuosa, ad andare avanti è chi ha alle spalle un potenza di fuoco economica che gli permette di pagare per uscire. Vedo tante copie e pochi originali in giro. Pochi contenuti e tanto packaging. Noi abbiamo scelto di intraprendere la strada del “suona e scrivi quello che ti pare; sii onesto con te e gli altri” e i risultati arrivano. Pochi ma buoni. E veri soprattutto. Poi, siamo in buona compagnia: ci sono tante altre band che hanno scelto questa strada; sono ragazzi da ammirare. Penso a band come la Tundra; i già citati Seele Brennt e Società della Paralisi.

Ultima domanda: se fossi un drink quale saresti, e perché?

(Rido) Whisky con ghiaccio. Sono per le cose dirette. Senza tante segate, come si dice da noi.

 

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