AMA FESTIVAL – DAY 1: Il punk è invecchiato bene, altro che morto!

AMA festival offspring

Quest’anno siamo stati all‘AMA Festival di Romano d’Ezzellino e ti raccontiamo un po’ come è andato il concerto degli Offspring!

AMA festival offspring

AMA FESTIVAL: Offspring

Nel suggestivo contesto di Villa Ca’ Cornaro a Romano d’Ezzelino (VI), tra stand eno- (o, meglio, birro-) gastronomici, giochi e premi offerti dagli sponsor, spettacoli di giocolieri e mangiafuoco e – ovviamente – l’immancabile merch, gli Offspring, per la loro unica data italiana del 2024, fanno registrare un ennesimo sold out! 

A precedere la band californiana sul palco, i losangelini Militarie Gun, i gallesi Neck Deep e gli intramontabili inglesi di Manchester Buzzcocks.

Militarie Gun / Neck Deep

I Militarie Gun, band formatasi a Los Angeles nel 2020 durante la pandemia, hanno l’onore di aprire l’edizione 2024 dell’AMA Music Festival. E Ian Shelton e soci hanno certamente la sfrontatezza adatta a rompere il ghiaccio, con la loro sonorità alternative – hardcore – punk e la voce “graffiante” del lead vocalist, e iniziano a regalare i primi “salti” sul prato al pubblico presente.

A dar loro il cambio, ecco salire sul palco i Neck Deep, da Wrexham, distintisi sin da subito fra i protagonisti della rinascita dello stile pop-punk degli anni 2010.

La band gallese, che già abbiamo potuto apprezzare in Italia al Bayfest, e che ri-troveremo come “spalla” nei concerti di Bologna e Roma dei Sum41, sin da subito ci fa capire perché sia stata scelta per aprire le date dell’ultimo tour pre-scioglimento dei canadesi.

Il pubblico del pit è sempre più numeroso e “caldo”. I Neck Deep chiudono la cinquantina di minuti a loro disposizione con “In Bloom”, brano con il quale hanno vinto, nel 2018, il Kerrang! Award per la miglior canzone

Buzzcocks

Con puntualità svizzer… ehm… manchesteriana, alle 21:00 sale sul palco il leggendario quartetto inglese dei Buzzcocks, tra i pionieri del punk insieme a Ramones, Clash e Sex Pistols. Rimasto recentemente orfano del frontman Pete Shelley, il chitarrista e nuova voce principale Steve Diggle (unico membro originale degli anni ‘70) non ci fa tuttavia rimpiangere la sua prematura dipartita.

Anzi, la band, con il suo inconfondibile stile tagliente e un po’ sgangherato, ci fa fare un viaggio nella storia del punk, con pezzi come “What Do I Get?”, “I Don’t Mind” e “Orgasm Addict”, e ci trascina in una turbolenta Inghilterra anni ‘70 – ‘80, fra orde di Hooligans e giovani ribelli.

I Buzzcocks concludono l’oretta a loro disposizione con due pezzi storici: prima, il famosissimo “Ever Fallen in Love (with Someone You Shouldn’t’ve)” – di cui, fra le numerose cover, ricordiamo quella presente nella colonna sonora di Shrek 2 – e poi, a chiudere, “Harmony in My Head”, a firma dello stesso Diggle, per la cui registrazione il frontman ha ammesso di aver fumato almeno 20 sigarette.

Il festival fa registrare il tutto esaurito e, ormai, il prato di Villa Ca’ Cornaro è letteralmente un mare informe di gente, quando, intorno alle 22.30 (ancora una volta, un plauso alla puntualità!), appare sul maxischermo del palco il logo degli Offspring.

The Offspring

Ed ecco che, accolti da una folla scatenata di 10mila persone, appaiono sul palco Dexter Holland e soci, che decidono di partire subito col botto con la esplosiva “Come Out and Play”.

Al grido di <<hey, don’t pay no mind!>> il pit si fa subito rovente, tra il pogo scatenato sotto al palco e la folla di ogni età che salta e intona il testo della canzone. Non si rallenta, e gli Offspring proseguono la loro folle corsa contro il tempo con “All I Want”, “Want You Bad”, “Staring at the Sun”, fino al recentissimo singolo “Make It All Right”, con il suo stile scanzonato che ricorda un po’ quello del disco “Americana”. Il tutto, condito da enormi cannoni spara-coriandoli.

A seguire, mentre il resto della band si re-idrata, Noodles si prende il palco intrattenendo e coinvolgendo i presenti con spezzoni di cover di “Iron Man” (Black Sabbath), “Sweet Child O’ Mine” (Guns N’ Roses), “In the hall of the Mountain King” (un po’ di musica classica ci sta sempre bene!) e “Blitzkrieg Pop” (Ramones). Dopo questo intermezzo, si ricomincia a tutta con l’altro singolo del nuovo album “Light It Up”, passando poi per “Original Prankster” – neanche a dirlo, un fan favourite – le storiche “Bad Habit” e “Gotta Get Away”, e rallentando un poco con la ritmata “Why Don’t You Get a Job?”.

Ma è solo un preludio al gran finale: in sequenza, con la loro energia, Dexter & Co. ci fanno infatti saltare al ritmo di “(Can’t Get My) Head Around You” e “Pretty Fly (for a White Guy)”, in un tripudio di pogo sfrenato, coriandoli, pupazzi gonfiabili, e palloni da spiaggia.

Il finale

Si avvicina il momento dei saluti e gli Offspring ci vogliono forse lasciare con un testo più adulto e una lacrimuccia… “The Kids Aren’t Alright” (peraltro, il pezzo preferito dal sottoscritto). La band californiana abbandona il palco. Ma non ci si può salutare con una vena di tristezza e malinconia: e, infatti, eccola riapparire qualche minuto dopo, più carica di prima, a martellare con “You’re Gonna Go Far, Kid”. Il pit torna rovente al ritmo di <<dance, fucker, dance!>>, per prepararsi ai saluti… questa volta per davvero: la serata si conclude con lo storico singolo del ‘94 “Self Esteem” e il suo <<la, la, la-la-la, la, la, la-la-la >>.

Decisamente uno show ben riuscito, in grado di intrattenere e divertire un pubblico, veramente variegato per età, genere e condizione sociale, che non può che esserne uscito energizzato. Unico neo? La durata, forse: 75 minuti – anche se vissuti “a mille” – forse, sono un po’ pochini (sì, anche in questo caso, sono stati tutti estremamente puntuali).

 

Leggi anche –> Nico – La Voce della Libertà tra Arte, Musica e Contraddizioni

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