Clo.Ser ha pubblicato da poco il nuovo album “Magenta”. Un lavoro che segna una svolta significativa rispetto ai progetti precedenti. Un’esperienza sonora e lirica più tormentata e matura. Non ci siamo lasciate perdere l’occasione e abbiamo deciso di intervistare l’artista.
Ecco cosa ci ha raccontato!
Clo.ser – Intervista
Ciao Clo.ser, benvenuto sulle pagine di Brainstorming. Ho ascoltato il tuo nuovo album “Magenta”, che sembra davvero fuori dal tempo. Sia per lo stile musicale che per il numero dei brani presenti e questa cosa l’apprezzo molto. “Magenta” è un disco per chi vuole prendersi del tempo da dedicare a se stesso e alla musica. Vuoi raccontarmi come è nato questo disco? Cosa ti ha ispirato?
Buongiorno e grazie, mi fa davvero molto piacere che tu abbia gradito.
Riguardo alla genesi di “Magenta”, il collante che ha messo insieme i brani che già stavo preparando è stato il mio incontro con Alessia (Galati, ndr), una giovane pittrice pugliese.
Mi trovavo in vacanza e mi sono imbattuto nella sua mostra, all’interno del Castello di Castro (LE). Uno dei suoi quadri raffigurava una sedia di color magenta, tra rocce e fichi d’India, affacciata sul mare. Alessia mi ha spiegato che, prima di realizzare il dipinto, stava vivendo un periodo di incertezza; che, assorta nei suoi pensieri, durante una passeggiata, ha notato la sedia e ci si è seduta a contemplare il mare; solo in quel momento ha capito che la sua strada era l’accademia, l’arte, la pittura.
La sedia non è magica (…o forse si!), ma la suggestione è fiabesca: un oggetto inanimato che dà una svolta al tuo futuro, che sgombera il tuo cielo dalle nubi. Neanche a dirlo, pochi giorni dopo è nato il brano “Magenta”, e in due mesi tutto l’album era pronto.
“Adesso parto per Berlino” mi ricorda un po’ la colonna sonora di Nightmare before Christmas, hai mai pensato di scrivere canzoni per un film? Il tuo stile molto descrittivo lo vedrei bene.
Nightmare before Christmas lo vidi al cinema… Pensare che sono passati 30 anni, fa impressione… Credo che mi piacerebbe scrivere canzoni per film, è un’esperienza che mi manca. Ho, occasionalmente, scritto parodie e canzoni per piccoli spettacoli teatrali, ma non mi sono mai avvicinato a questo magnifico mondo.
Uno dei brani che mi piace di più è “Amore Conforme” dove si parla di amore in ogni senso, non diviso per generi. Come è nata questa canzone?
“Amore conforme” è nata da un post di Facebook. Due ragazze, anche piuttosto note, hanno annunciato il proprio matrimonio, presentandolo come il coronamento di un sogno d’amore. Una notizia di questo tipo può anche rallegrare, suvvia… Ho commesso, purtroppo, l’errore di leggere i commenti: la maggior parte gioviali, di felicitazioni, ma alcuni tremendamente omofobi, praticamente una shit storm: mi ha colpito, perché escludendo i bastian contrari, i troll e gli odiatori seriali, ad essere garbatamente feroce era la gente “a modo” che, per motivare gli insulti proferiti, usava parole tipo “schifo”, “degrado”, “deriva”. Mi sono detto: “quanti passi avanti! D’altronde siamo nel 2024!”.
Invece, qual è il brano del tuo nuovo disco a cui sei più legato e perché?
“La giostra” è il brano che preferisco, ci sono molto affezionato. Alla base c’ è una storiella di qualche anno fa, eccola: mi trovo al luna park con mia figlia; lei vuole salire sulla giostra dei seggiolini (anche detta “giostra dei “calci in c**o”, ndr) e io l’accontento. Dopo svariati giri, inizia ad essere frustrata perché il coniglio di peluche che il giostraio cala dall’alto (e che regala un giro gratis a chi lo riesce a prendere al volo) sembra non voler farsi afferrare. Così, decido di darle una mano. Salgo anche io, mi incastro (letteralmente) nel seggiolino dietro al suo, e provo a spingerla come fanno quelli bravi. E mentre la giostra gira, tra botte sugli stinchi e mal di stomaco, la mia mente va.
Penso al movimento circolare che sto eseguendo mio malgrado, a questa specie di volo, alla competizione con gli altri per raggiungere l’obiettivo, all’attesa, alla soddisfazione di ottenere un premio, al fatto che sugli stretti seggiolini della giostra ci sono diversi adulti che accompagnano i figli, e che sbraitano come ragazzini.
“La giostra è uguale alla vita”. Anche se l’hanno già detto in tanti, lo realizzo per la prima volta. Un paio d’ore dopo, sul divano del soggiorno di casa mia, ci sono una chitarra, una penna e una pagina scritta a mano.
I Clo.ser prima erano un trio e invece ora è il tuo progetto solista, come hai affrontato questo cambiamento? Pro e contro di stare da solo piuttosto che in compagnia?
Il trio è durato circa un anno, per poi lasciare spazio ad altri progetti. Tuttavia Serena Busetto, che faceva parte della band, e alla quale sono legato sentimentalmente, ogni tanto collabora ancora con me. Ad esempio è sua la voce in “Cervello in fuga”, un mio brano del 2021. Raramente suono live da solo, di solito mi aiuta almeno un amico musicista. Federico Desanti (tromba e armonica), Daniele Diliberto (chitarra solista), Sabrina Monteduro (cori), mi affiancano abbastanza di frequente; una volta che le mie composizioni hanno una struttura ben definita, trovo interessante poterle arricchire con sonorità diverse e momenti di improvvisazione.
Ultima domanda di rito: se dovessi descrivere la tua musica con una bevanda o un cocktail, quale sarebbe e perché?
Direi un vino, non un cocktail (lo spritz era troppo facile, ahahahah!). Un Ripasso della Valpolicella: si assapora un po’ alla volta, con calma. E’ un po’ forte, ma anche sapido e morbido.
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