Con un nuovo video dal titolo “Coccoina” prosegue il percorso del cantautore Eraldo Corti. Questa volta prende in prestito una scuola come scenario per un clip particolarmente brillante. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Eraldo Corti intervista
Ciao Eraldo, ci racconti qualcosa di te e della tua carriera musicale fin qui?
Ho imparato a suonare la chitarra da autodidatta da ragazzo, ho iniziato subito a scrivere canzoni, mi si confaceva come mezzo di espressione, quando cantavo non avevo imbarazzi, timidezze, mi sentivo libero di dire quello che sentivo.
Allo stesso tempo ero affascinato dalla musica, tutta la musica, consumavo letteralmente i dischi e cercavo di stare il più possibile a contatto con musicisti.
Poi la vita mi ha distratto e sono tornato a scrivere solo trent’anni dopo, ho cominciato ad esibirmi nei locali, a fare ascoltare le mie canzoni e finalmente a produrre in studio, aiutato da Joe Santelli di Officine 33 giri coi cui continuo a collaborare da tre anni.
Come nasce “Coccoina”?
Con la mia chitarra acustica, una penna, un pezzo di carta ed un innamoramento in corso.
All’origine del brano c’è un detto tibetano. Ti capita spesso di prendere ispirazione da fonti filosofiche per scrivere canzoni?
No, la filosofia è solo una delle fonti di suggestione che mi affascinano. Sono una persona eccessivamente curiosa, cerco di colmare le mie innumerevoli lacune ogni volta che posso, leggo, guardo la tv o vado al cinema, ascolto i ragionamenti della gente, di chi amo, di chi trovo intelligente, appassionato, divertente.
Ci sono influenze musicali particolari che ti hanno ispirato durante la creazione del brano?
Il brano ha un andamento country, appartiene al mio linguaggio musicale, non ci ho pensato, mi è venuta così.
Cosa rappresenta per te la musica in questo momento della tua vita?
Una delle due cose di cui non potrei mai fare a meno, l’unica cosa che mi appartiene veramente, quello che vorrei fare sempre.
Se dovessi descriverti con una bevanda quale sarebbe e perché?
Una gueuze, un tipo di birra acida belga, estremamente complicata da fare, frutto di fermentazione spontanea che va avanti per anni in vecchie botti di legno, risultato poi di blend con birra più giovane. Il prodotto finito è estremo, per chi non è abituato, ma per chi supera l’ostacolo iniziale risulta essere appagante, squisita, non stanca mai.
Perché? Perché credo di non essere lineare, scontato, e le mie canzoni nascono da fermentazioni personali molto lunghe. Perché sono cinico, acido, ma anche innamorato dell’amore e della musica. Perché vorrei avere un pubblico che ama quello che faccio, ma per amare quello che faccio bisogna ascoltare.
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