“Echoes in the dark” è la nuova rubrica per Brainstorming Magazine, completamente a tema dark wave, incentrata su quelli che sono dieci dischi un po’ meno “cult”, ma che incarnano adeguatamente l’essenza di questo genere musicale.
Ogni settimana analizzeremo atmosfere e significati nascosti dietro queste sonorità.
Iniziamo con un album che rappresenta la fusione perfetta tra passato e futuro del genere: The Demonstration dei Drab Majesty.
Il fascino della darkwave
Chi si riconosce nell’ascolto della dark wave non vive solo di suoni cupi o gotici, ma anche di un’estetica visiva che ha influenzato profondamente il mondo musicale, la moda, l’arte e l’immaginario collettivo. L’essenza risiede soprattutto nelle atmosfere cupe, nel contrasto tra luci e ombre, nel look androgino e gotico dei protagonisti.
Bauhaus, Siouxsie and the Banshees e The Cure, da pionieri del genere hanno lanciato al pubblico dei messaggi tramite immagini, look e scelte stilistiche. Mondi interiori complessi fatti di alienazione e angoscia. L’estetica dark wave si proponeva come modo di esprimere il disagio esistenziale: un senso di estraneità che molti, a partire dal finire degli anni ’70, sentivano verso il mondo che li circondava.
La fusione di musica e immagine
Ma perchè queste scelte estetiche? Cosa trasmettono all’ascoltatore?
Lo stile dark e androgino degli artisti stessi è più che un modo di apparire, è una dichiarazione di fluidità e libertà. La pelle pallida, i capelli scolpiti, gli abiti scuri, il trucco enfatizzato contribuiscono a creare una depersonalizzazione.
Musicalmente, la dark wave è caratterizzata da suoni ipnotici e malinconici. I bassi profondi, le chitarre distorte e i sintetizzatori elettronici creano un’atmosfera sospesa, carica di solitudine e introspezione. Il “dark” con la sua cupezza e il suo nichilismo, è desolazione. L’oscurità diventa il terreno fertile per una ricerca intellettuale. Temi ricorrenti sono: la solitudine, il dolore, il mistero della vita. C’è un legame profondo tra musica e filosofia: l’ascoltatore si ritrova in questi concetti, li vive e li esplora insieme alla musica.
Inoltre, l’individuo non è mai completamente definito e la sua ricerca di significato è continua. L’ascoltatore è spinto in questo modo ad interrogarsi sulla propria identità e sul ruolo che occupa nella società.
Drab Majesty

Al giorno d’oggi, ad incarnare perfettamente la fusione tra musica ed estetica visiva che caratterizzava la dark wave di quaranta anni fa è la band californiana dei Drab Majesty.
Guidati da Deb Demure, alter ego di Andrew Clinco (tra l’altro di origini italiane), assieme a Alex Nicolaou, la band porta avanti dal 2012 una visione che affonda le radici nei gruppi storici del genere, ma con un tocco decisamente moderno. I Drab Majesty creano un mondo capace di raccontare la propria musica in maniera potente. Le loro performance live spesso includono luci e proiezioni che enfatizzano l’atmosfera e i temi delle canzoni. Sono luci fredde, poco empatiche, oscure ma anche elettroniche, dove è l’ascoltatore al centro di una esperienza sensoriale.
Ed è in questo modo che musica ed immagine si fondono per raccontare storie di solitudine, alienazione e ricerca di sé. Il look utilizzato dai due è senza dubbio un elemento distintivo della band, a conferma di quanto detto sopra sull’estetica di questo genere.
Il concept album: The Demonstration
L’album The Demonstration (uscito nel 2017, dopo l’esordio con Careless, nel 2015) è forse uno dei più popolari della band. Già dalla copertina, dai tratti puliti ma inquietanti, riusciamo ad avere qualche info riguardo al contenuto del disco. I colori utilizzati (il nero assoluto dello sfondo e l’azzurro ghiaccio della figura che spicca in risalto) mettono in evidenza qualcosa di molto futuristico. Un’immagine dark, appunto, ma al contempo urbana. Sono proprio questi colori a richiamare le luci fredde di una città notturna, luci al neon sbiadite, o se vogliamo anche qualcosa di molto elettronico. Non a caso, il sound dell’album si propone essere decisamente elettronico, con richiami più o meno evidenti all’estetica degli anni ’80. The Demonstration non è un album del tutto gotico, si possono cogliere anche sfumature più leggere e “volatili”, che rimandano allo shoegaze. Ed è proprio questa la particolarità del disco.
Il primo brano Dot in the sky è anticipato da circa un minuto di intro: Induction. Ottima la scelta di collegare le tracce in maniera fluida. In questo modo l’ascoltatore è trasportato in un continuo flusso di canzoni, senza interruzioni tra una traccia e l’altra.
A proposito di flusso, questo album vuole essere quasi un viaggio, che parte proprio con un sound synth dal ritmo più che accattivante, che si realizza grazie ad arpeggi sognanti e malinconici che ritroviamo qua e là nelle tracce. A tutto questo si sovrappongono sequenze vocali che, pur facendo da sfondo, sono vaporose e plasmabili. La voce di Deb Demure sembra fluttuare in una stanza vuota. Impossibile fermare l’ascolto.
Possiamo dire quasi con certezza che The Demonstration sia un concept album. Il filo conduttore è quello della psicologia del suicidio di massa: in particolare, sembrano esserci riferimenti al movimento ideato da Marshall Applewhite sul finire degli anni Novanta. Ma non parleremo di questo.
La ricerca del mistico all’interno dell’album
Addentrandoci nell’ascolto dell’album, troviamo come terza traccia 39 by Design. Il numero 39 anche qui non è casuale, e secondo alcuni è un rimando al numero di membri del movimento citato sopra.
A seguire troviamo Not just a name, che si distingue invece dal resto per via di un ritmo decisamente meno marcato e sonorità più lente e romantiche; suoni sintetizzati e distorti – assieme a voci di sottofondo- permeano sia A spire points at the heavens che Hath no form, con quest’ultima che fa da ponte verso Too Soon to tell, forse il brano più popolare dell’album. Le tracce scorrono una ad una in maniera gelida, potente ed elegante.
E’ probabilmente con Cold souls che l’ascolto tocca una delle punte più alte: il brano si posiziona appieno al centro dell’album, con un sound forse più freddo e penetrante rispetto agli altri brani, ma anche decisamente più oscuro. Anime fredde appunto, che popolano questa canzone notturna, di cui vogliamo evidenziare la prima strofa:
“When you walked away at dawn I heard your song, and now it’s on my mind. Made a design on the right side of my heart itmay be wrong, but it wasn’t black or white. Wondering when I look at your life if I caught you dead and numb, if you were only just a dreamer, if we were all night”
E’ l’immagine di una separazione all’alba, quando la notte appena terminata lascia posto alla quotidianità; una canzone che resta in mente, che fa da eco emotivo e persistente. C’è un segno lasciato volutamente sul cuore, che non può essere definito giusto o sbagliato, e quindi si trova in una sorta di zona grigia. Non solo: la morte è vista come portale per ciò che è inafferrabile. Ancora una volta fluidità, non solo della propria immagine, ma anche delle emozioni: una continua ricerca di significato, una riflessione sul rapporto tra vita e morte, sogno e realtà.
Nella seconda parte dell’album, merita attenzione Kissing the Ground per via del suo ritmo frenetico (forse anche troppo marcato). A chiudere la versione in cd di The Demonstration vi sono quattro remix dei brani del disco, non particolarmente entusiasmanti.
Per concludere..
C’è qualcosa di impercettibile, quasi ultraterreno ed inafferrabile che percorre il secondo lavoro dei Drab Majesty, The Demonstration.
L’ascoltatore ritrova in tutto il disco richiami alla new wave degli anni ’80, ma riletti con un tocco più moderno e se vogliamo alchemico, che sicuramente rende il tutto molto affascinante e difficile da spiegare a parole.
La discografia dei Drab Majesty, nel complesso, non si distingue per rivoluzioni stilistiche o per un’estasi innovativa, ma custodisce un segreto raro: la capacità di trascinare l’ascoltatore in una sospensione psico-emotiva, dove il tempo sembra svanire.
Si avvertono echi dei Cold Cave, dei primi Chameleons, ma tutto si dissolve e si ricompone in un linguaggio personale, perfettamente calato nel nostro presente. È proprio in questo equilibrio fragile tra citazione e reinvenzione che i Drab Majesty trovano la loro dimensione più affascinante.
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