Echoes in the dark #3: “Pornography” e il lato più oscuro dei Cure

“Echoes in the dark” è la nuova rubrica per Brainstorming Magazine, completamente a tema dark wave, incentrata su dieci dischi che esprimono l’essenza di questo genere musicale. Ogni settimana analizzeremo atmosfere e significati nascosti dietro queste sonorità. La terza puntata è incentrata su quello che è considerato l’album più cupo di una band emblema della dark wave: Pornography, che porta la firma The Cure.

The Cure: band dai suoni gotici e dark

Sebbene la loro discografia sia sempre stata attraversata da sperimentazioni sonore, dal post punk più malinconico al pop decadente, fino alle atmosfere più rock dell’ultimo album (2024), la dark wave ha tra i suoi principali esponenti i Cure. Così, abbiamo scelto di parlarvi del loro album più importante in termini di atmosfere cupe.

Siamo nel 1982, e i Cure stanno concludendo una sorta di trilogia dark con cui segnano un’epoca ed anche una condizione esistenziale. È la chiusura di un ciclo che aveva avuto in Seventeen Seconds un primo indizio di un percorso intimo e nichilista. E’ con Pornography che i Cure portano il buio a un livello quasi insostenibile.

Nel vasto panorama di musica dark, sono pochi infatti i dischi che riescono a racchiudere la densità emotiva e la disperazione di Pornography dei Cure.

L’album – Pornography (1982)

Il titolo deriva da una “terapia di gruppo” che era stata fatta tra i membri della band, dopo una lunga discussione sul concetto di pornografia. Smith ribadisce a tal proposito che “Non è il soggetto ad essere pornografico ma è l’interpretazione che ne viene data”.

Ma cos’è che rende questo album profondamente magnetico? Non è solo la cupezza, ma l’inferno che porta dentro, l’oscurità che trascina verso il basso l’ascoltatore, senza speranza di risollevarlo. Tra suoni distorti e voci strazianti, il disco è permeato da una filosofia nichilista, ed è forse questo a renderlo estremamente interessante.

Sia queste atmosfere, sia il concepimento dell’album rispecchiano le dinamiche ed il contesto interno della band ad inizio degli Ottanta.
Pornography viene registrato in un periodo turbolento, quando le tensioni tra i membri raggiungono l’apice e la depressione di Robert Smith (spesso sotto effetto di droghe) diventa una compagnia costante. Al termine delle registrazioni Simon Gallup, il bassista, lascerà il gruppo per qualche anno.

In questo album non mancano poi i riferimenti letterari: l’ispirazione sembra essere arrivata dalla lettura del Paradiso Perduto di John Milton, così a tal proposito Robert Smith:

“Mi ha ispirato a scrivere Pornography, a combattere contro un mondo che odiavo. Era il Diavolo contro Dio. Una battaglia già persa, ma che io ho provato ad affrontare, lasciando dietro di me la malinconia. È stata la fase finale della caduta, la mia soglia critica

 

 

Autodistruzione come forma d’arte, per dar voce a ciò che non può essere detto

L’autodistruzione, in Pornography, non è solo un atto di disperazione, ma un atto di espressione. La sofferenza e la tormenta dell’animo umano sono scolpite nelle note. E’ la disperazione e l’abuso di sostanze da parte dei componenti della band che si trasforma in qualcosa di ben studiato, anche nelle chitarre lancinanti che permeano il disco. L’arte, qui, non cerca una redenzione. La sua bellezza risiede nella sua intensità, nel suo non voler cambiare nulla.

E forse, tra i testi con sfondo prettamente autodistruttivo, è la musica che inizia a parlare e lacerare il silenzio: distorsioni, bassi pulsanti, la voce di Robert che urla, supplica. Allora i brani diventano ferite che si aprono.

I Cure non ci offrono un’uscita. Ci lasciano dentro il loro inferno, e noi ci immergiamo senza voler tornare indietro.

La maledizione della bellezza oscura: “One Hundred Years”

Il raggelante incipit della prima traccia One Hundred Years è più che nichilista: It doesn’t matter if we all die

C’è qui traccia di esistenzialismo: ciò che siamo non importa nell’insieme di tutto lo schema dell’universo. E’ un invito a guardare in faccia l’inevitabile senza paura, anzi, con un’inquietante accettazione.

La batteria elettronica incide in maniera ossessiva, dando spazio a riff che si fanno sempre più stretti e claustrofobici.

Il testo parla di un mondo crudele e monotono (con “una preghiera per qualcosa di meglio”, quindi di un mondo dal quale si vuole scappare), in cui si susseguono immagini di uomini d’affari, guerre alimentate dalla televisione in nome della libertà, resistenza, come se tutto fosse ordinario. Una disconnessione tra la guerra stessa e la vita quotidiana. In questo testo ci si saranno ritrovati molti che in quel periodo non avevano prospettive, vivendo in un decennio molto conformista.

Nella seconda parte si parla di una ragazza che spinge il suo volto contro uno specchio, trasformata dalla morte del padre. Potrebbe rappresentare l’immagine di una giovane generazione condannata, ma anche il fatto che gli eventi traumatici tornano sempre a perseguitarci e ci ricordano di nuovo la morte e l’oscurità che può essere presente nella vita. E poi ci sono le ambizioni che finiscono “sul retro di una macchina nera”, l’individuo che muore assieme alle sue speranze e i suoi sogni.

Cento anni di sofferenza e tortura, una liberazione sotto una bandiera nera (quella anarchica?) ma nonostante tutto continueremo a fingere che tutto vada per la meglio. E’ un ciclo continuo di nascita e morte, l’apoteosi di oscurità della band.

Energia primitiva

A differenza di altri album dark wave che abbracciano l’etereo e il sintetico, Pornography è viscerale. La sua musica non è mai statica; le chitarre sono distorte, i ritmi tribali, ripetitivi e ossessivi. Non c’è distanza tra la band e l’ascoltatore, e non c’è sicurezza. Piuttosto c’è una continua evoluzione, niente musica fredda e “pulita” come quella dei Drab Majesty.

La musica dei Cure è una finestra su un mondo dannato, ma la dannazione è qui ben accolta. Robert Smith stupisce, emoziona, e riesce a farlo ancora oggi (forse uno dei pochi ad aver preservato un ottimo lirismo dopo svariati anni di carriera).

Pornography è un’opera che non si lascia guardare senza scivolare nell’inquietudine. C’è una bellezza disturbante in ogni nota: una vibrazione psichedelica che, lungi dal confortare, spinge l’ascoltatore a cercare rifugio in un mondo che non esiste.

Tra gli altri brani vogliamo dare attenzione anche a Siamese Twins: una danza ipnotica, rarefatta nel tempo e nello spazio,  suonata in uno stato di trance. Una liturgia di redenzione da compiere mentre “il mondo è scomparso ridendo nel fuoco”. Anche attraverso il ricordo di momenti dolorosi, come quelli di una storia iniziata tra baci e speranze (“The first colours, The first kiss”) e finita con l’amante che sembra aver ceduto a una tentazione, a una “luce rossa”; con quel crescendo finale colmo di risentimento (“Is it always like this?”).

La continua evoluzione di un mito

Pornography chiude un periodo dei Cure e ne aprirà un successivo più pop che li porterà al successo mondiale.

E’ un lavoro che ha influenzato innumerevoli band, dalle formazioni post-punk fino alle frange più cupe della dark wave. Ma se andiamo più a fondo, pochi dischi hanno avuto un impatto così profondo sulla scena, con la sua attrazione per un mondo solenne e liturgico. E’ sicuramente un album liberatorio, nonostante aleggi lo spettro del suicidio sopra di esso.
E‘ un invito ad esplorare la follia e il dolore senza l’illusione di una salvezza. Non c’è redenzione qui. Solo il desiderio di perdersi. Eppure, proprio questa mancanza di via di fuga è ciò che lo rende così affascinante e magnetico. Chi lo ascolta non cerca di sicuro una via di fuga, ma un abisso in cui sprofondare.

E proprio per questo continua a risuonare, decenni dopo.

 

Leggi anche-> Echoes in the dark #2: i Lycia ed il primo album “Ionia”

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