Francesco Curci: “È una metafora che ho adottato per parlare di diversità”

francesco curci

Fuori dal 14 gennaio il nuovo singolo di Francesco Curci dal titolo Come Frank. Il brano inaugura un nuovo percorso artistico e di vita, non a caso arriva nel giorno del suo compleanno.

Ne abbiamo parlato con lui.

francesco curci

Francesco Curci intervista

Quali sono i tre brani che ritieni fondamentali per la tua formazione musicale?

Difficile sceglierne solo tre. A primo impatto, mi verrebbe da dire “Barbie Girl” degli Aqua che mi ha ufficialmente avviato alla musica, “Da grande” di Alexia con cui ho vinto i primi concorsi canori e “Il mondo” di Jimmy Fontana che ho riproposto in assoluto più volte dal vivo.

Chi è Frank e perché “Come Frank”?

Frank è il carlino protagonista insieme a me dell’immagine di copertina e del videoclip. È una metafora che ho adottato per parlare di diversità, di pregiudizi e discriminazioni.

“Un po’ come Frank”, che in piena pandemia se ne stava a terra sdraiato a far le sue cose incurante del fatto che il mondo si fosse improvvisamente fermato, ognuno di noi dovrebbe imparare a fregarsene del giudizio degli altri ed essere coerente a sé stesso, affermando la propria autenticità che è ciò che ci rende unici e speciali.

Chi dovrebbe assolutamente ascoltare “Come Frank” e perché?

Mi verrebbe da dire chiunque. Ma in particolare chi è alle prese con insicurezze e paure personali. Questo brano ha aiutato prima di tutto me stesso a trovare nuovi equilibri, a ridarmi quella carica nella vita che avevo smarrito. Perciò, mi auguro che possa sortire lo stesso effetto in chi come me si è perso, che possa essere la bussola per ritrovare la propria strada, quella che ci fa battere il cuore e ci offre la ragione per svegliarci al mattino e affrontare una nuova giornata.

Cos’è cambiato rispetto a tre anni fa? Cos’è cambiato nel mercato musicale?

Dentro e fuori di me tante cose. Il mio aspetto fisico, prima di tutto, il mio modo di vivere la vita e relazionarmi con gli altri. Riguardo al mercato, moltissimo. Fino a tre anni fa, nonostante esistesse già lo streaming, non era così preponderante.

Oggi la musica non si può più acquistare, si può solo ascoltare. E fortuna se c’è chi è disposto a pagare un abbonamento per farlo, in giro non ne vedo tanti. Da una parte questo svilisce un po’ tutto il lavoro che c’è dietro l’uscita di un progetto anche singolo e che non riguarda solo un investimento economico, ma tutto un processo creativo che parte da quattro mura domestiche, passa per uno studio di registrazione e perciò per le mani di tanti professionisti e poi finisce in uno studio fotografico, sul set di un videoclip, nel catalogo di un distributore, nella rassegna di un ufficio stampa e chi più ne ha più ne metta.

Questo per dire che l’uscita di un solo singolo comporta mesi e mesi di lavoro di tante persone e sapere che il tutto si esaurisca all’ascolto fugace di un malcapitato che magari a metà brano è già stanco e vuole “skippare” al brano successivo senza neanche sforzarsi di comprendere il messaggio o le sensazioni che quel brano vuole comunicare può essere avvilente.

Gli artisti di oggi devono perciò essere prima di tutto coraggiosi, perché solo chi ha coraggio può accettare una sfida simile e continuare per la sua strada, provando e riprovando per cercare di conquistare quanti più cuori possibili. E soprattutto prestarsi a sketch sui vari TikTok o Instagram (di cui io stesso sono fruitore) per far sì che dove magari non arriva la musica, può arrivare il personaggio o la personalità.

Ultima domanda: se fossi un drink quale saresti e perché?

Un Negroni, perché è versatile proprio come me nella musica, lo adatti a piatti di vario tipo e poi come me è 100% made in Italy!

Leggi anche –> Michal Thomes, intervista con l’organizzatore del Rock For People

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